Giovedì Santo – Veglia di preghiera personale

Parrocchia del Crocifisso (Sant’Andrea dell’Ausa)

SETTIMANA SANTA 2020
in CASA e in FAMIGLIA


GIOVEDI’ SANTO
VEGLIA DI PREGHIERA PERSONALE

 

Nella notte con Gesù nel Getsemani

 

Giovanni 13,1-15 (Vangelo della liturgia)

Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo, Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo». Gli disse Simon Pietro: «Non mi laverai mai i piedi!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete mondi». Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.

 

Premessa

Non vorremmo dire tante parole noi. Dovremmo invece ascoltare con atteggiamento di profondo raccoglimento e silenzio interiore per fare risuonare la Parola in noi regalandoci tempo. E’ lei che può darci luce… Il nostro atteggiamento, le nostre disposizioni interiori, il nostro silenzio sono la chiave per penetrare nel mistero dell’amore di Dio illuminato dalla sua grazia.

Se uno può, lasci perdere il commento qua sotto e continui a leggere il testo sacro sulla sua Bibbia comprendendo anche i capitoli 14, 15, 16 e 17 del Vangelo di Giovanni, perché domani saremo già al capitolo 18 (Passione) ed è un peccato non nutrirsi di tutta la ricchezza degli ultimi discorsi di Gesù ai suoi, i suoi discorsi più intimi per i suoi amici…  

E’ un’esperienza di grazia poter leggere ogni tanto i capitoli del Vangelo tutti di un fiato, senza interruzioni, senza tagli e fermarsi a gustarli, farli scendere con calma dentro di noi. E’ un invito che vi facciamo.

Per chi invece non vuole abbeverarsi direttamente al testo sacro riportiamo qui di seguito alcuni spunti per la riflessione personale.

RIFLESSIONE

Siamo nell’ultima sera della vita terrena di Gesù. In quella sala al piano superiore di una casa di Gerusalemme, detta poi “il Cenacolo”, Gesù ha compiuto a sorpresa un gesto che era vietato persino ai servi ebrei nei confronti dei loro padroni, essendo considerato troppo umiliante e quindi da riservare agli schiavi stranieri, cioè la lavanda dei piedi. Si comprende, così, la reazione sdegnata di Pietro: «Signore, tu lavi i piedi a me?… Non mi laverai mai i piedi!»

[Questo mistero dell’eucarestia], del dramma sacrificale [di Gesù che offre il suo corpo e il suo sangue nell’ultima cena con i suoi], si coniuga nel Vangelo di Giovanni con la lavanda dei piedi. Nello stesso cenacolo si intrecciano mistero e servizio, slancio verso il cielo e inchini alla terra. Nello stesso cenacolo, nella stessa cena, nella stessa assemblea. Non c’è un’Eucarestia dentro e una Lavanda dei piedi fuori, perché l’una e l’altra sono operazioni complementari, da esprimere ambedue negli spazi dove i discepoli di Cristo si radunano e vivono. Oggi in ogni assemblea si vive la Lavanda dei piedi all’interno dell’Eucarestia affinché nelle comunità ci si lavi i piedi gli uni gli altri. Non partiamo da fuori, ma da dentro.

Brocca, catino e asciugatoio devono diventare arredi da sistemare al centro della nostra esperienza di fraternità, con la speranza che non rimangano suppellettili semplicemente ornamentali. Non ci sarà Eucarestia piena se non sapremo lavarci i piedi gli uni gli altri.
Preti, educatori, catechisti, operatori, ministri e laici tutti: a tutti noi che formiamo quest’assemblea Gesù ci richiama al servizio vicendevole.
Servire non significa aspettare che qualcuno prima o poi farà. Il servizio gioca di anticipo, non misura i pro e i contro ma agisce prontamente, più col cuore che con la testa.

Chi serve è umile, ma chi si lascia servire lo è ancora di più. Il servizio tra noi non spartisce il bottino, non conquista confini. Chi serve sa che è servo inutile. Se servi per una utilità, fosse anche nobile, non servi il Signore nei fratelli. Il termometro della non gratuità è l’invidia. Quando arriviamo ad invidiare gli altri operatori ecco è salita la febbre. E quando ci arrabbiamo, li giudichiamo e li condanniamo ecco la febbre dell’egoismo è all’apice. Allora è meglio fermarsi, piuttosto che agire da malati. Meglio prendersi un tempo di pausa piuttosto che minare la comunità col cattivo esempio. Servire significa guardare il presente e non il passato e neppure il futuro. Il servizio non è nostalgico, il servizio non idealizza. Chi non serve perché un tempo si faceva diversamente o perché sarebbe meglio fare altro non è entrato dentro il Kairòs evangelico, dentro il tempo della conversione. E se non servi perché non ti senti degno, allora pecchi ancora di orgoglio. Pensi che ci sia qualcuno degno? Siamo tutti nella stessa barca. Chi serve è umile. Solo una comunità fondata sull’umiltà potrà essere credibile ed evangelizzare.

Pietro, Pietro non sai ancora farti lavare i piedi da Gesù. A Betania forse anche tu ti sei scandalizzato di quella donna che sprecava profumo. Ma lei viveva una relazione, tu vivi solo un’ idea di Gesù. per questo non ti fai toccare, non ti lasci fare. Ma arriverà anche il tuo momento. Crollerà quel castello di buone intenzioni e ti troverai solo vicino ad un fuoco che non scalda, davanti ad una serva che farà verità di te stesso, con il gallo che canta risvegliando l’uomo vero, quello che sa piangere lacrime amare.

(d. Franco Mastrolonardo)

 

1 Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine.

  • sapendo che era giunta la sua ora: Gesù è completamente consapevole di ciò che sta per accadergli, che cioè è giunta la sua ora. Non è un accadimento casuale, quello che sta per compiersi, ma è quello per cui Gesù è venuto (“Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora!” – 12, 27). Gesù non subisce questa ora, ma la sceglie volontariamente in obbedienza al Padre, per amore nostro.
  • li amò sino alla fine: la parola greca per dire “fine” è “Thelos” che significa fino “al culmine”, “al massimo possibile”, “all’apice” (Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” 15,13)

2 Mentre cenavano, quando già il diavolo aveva messo in cuore a Giuda Iscariota, figlio di Simone, di tradirlo

  • C’è un altro oltre a Gesù, ai discepoli e al Padre. E’ l’avversario, il principe del male, il signore della morte e non della vita. E’ quello che aveva tentato Gesù nel deserto e non essendo riuscito a vincerlo se ne era andato per tornare dice la scrittura, al momento opportuno, quando sarebbe giunta la sua ora, l’ora di Gesù. Il diavolo o il satana, ora corrompe uno dei dodici, uno sicuramente più fragile di Gesù, che non ha la stessa forza di Lui per respingerlo. Il diavolo ha la capacità di metterci nel cuore il male, se noi lo assecondiamo, se non lo respingiamo subito con gli strumenti che ci sono dati dalla grazia di Dio. Si infila nei pertugi, negli spiragli della nostra fragile condizione (nel sospetto, nel dubbio, nell’invidia, nella maldicenza, nella poca fede,…). Dobbiamo saperlo. Dobbiamo stare in guardia anche noi. Nessuno è garantito. E’ per eccellenza “colui che divide”, questo il vero significato etimologico del suo nome, o anche l’accusatore, l’avversario. Gesù è venuto per unire il cielo alla terra, lui vuole dividere noi da lui. Giuda non era da meno dei suoi compagni. Non doveva tradire per forza, non era predestinato al male. Era sì un uomo debole, ma come gli altri. Era meschino e forse ladro (così si dice di lui nel vangelo, forse con una punta di acredine), ma come i suoi compagni, anche loro pieni di difetti. Giuda ha aperto le porte al male, ha acconsentito, ha detto di sì, ha deciso di tradire, ha dato spazio nel suo cuore a quei pensieri malvagi, non li ha cacciati via subito. Si è schierato dall’altra parte, forse senza capire fino in fondo quello che stava facendo. Ha permesso al satana di entrare dentro di lui, non gli ha chiuso la porta…

3 Gesù sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava

  • sta per concludersi la missione terrena di Gesù, quella di riportare a Dio Padre tutto ciò che gli ha dato. Non solo Lui torna al Padre, ma apre la strada perché tutto e tutti tornino a Dio (“Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre” – 16,28). (“Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato” – 18,9b)

4 si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. 5 Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto.

  • Giovanni non riporta come invece fanno i Vangeli sinottici (Matteo, Marco e Luca) l’istituzione dell’eucarestia (“questo è il mio corpo… questo è il mio sangue offerto per voi, prendete e mangiate, prendete e bevetene tutti…”), ma al posto di questo episodio propone la “lavanda dei piedi”. Il quarto vangelo è l’ultimo ad essere stato scritto e Giovanni ha a cuore di sottolineare altri aspetti essenziali dell’eucarestia che i sinottici non avevano riportato. E’ un illuminare l’ultima cena con un altro sguardo, un’altra prospettiva che va a completare quanto scritto negli altri testi.
  • depose le vesti”:per un Signore, un Maestro è un gesto simbolico molto forte. E’ il gesto di chi si spoglia del suo potere, della sua importanza, del suo ruolo di dominio sugli altri. Pensiamo anche a noi: quando dall’Eucaristia passiamo alla vita di tutti i giorni sappiamo deporre le vesti del tornaconto, del calcolo, dell’interesse personale per lasciarci guidare da un amore autentico verso gli altri? Oppure dopo l’Eucaristia non siamo capaci di deporre le vesti della supremazia, del dominio e dell’arroganza per indossare quelle della semplicità, del servizio e della povertà?
  • “si cinse un asciugatoio”: è l’immagine della «chiesa del grembiule». Possiamo chiederci: nella vita della nostra famiglia, della nostra comunità ecclesiale percorriamo la strada del servizio, della condivisione? Siamo in qualche modo coinvolti direttamente nel servizio ai poveri e agli ultimi sia nella vita ecclesiale che in quella civile? Sappiamo scorgere il volto di Cristo che chiede di essere servito, amato nei poveri, negli ammalati, in chi è più solo, in quelli che nessuno ha il coraggio di accogliere, ascoltare e guardare? – Il lavare i piedi era un tipico atto riservato ai servi che si inginocchiano e lavano i piedi pieni di polvere dei loro padroni quando questi rientravano a casa. E’ inaudito che il Maestro, il Signore faccia questo, si metta in questa posizione servile. Questo atteggiamento di Gesù ci aiuta a capire da una parte lo sconcerto di Pietro e dall’altra l’ampiezza dell’amore di Cristo per noi, lui che è il Maestro e il Signore si mise a lavare i loro piedi sporchi e puzzolenti (“io sto in mezzo a voi come colui che serve” – Lc 22,27b). Ci aiuta a capire anche quale profondo cammino di discesa e di umiltà ha volontariamente compiuto per includere tutti nel suo amore, indicando anche a noi la strada da seguire. Ascoltiamo S. Paolo che scrive ai cristiani di Filippi indicando loro come comportarsi: “Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù, il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,5-8). Questa spoliazione, questa umiliazione di Lui che è Dio, questo suo abbassarsi fino a prendere la nostra condizione umana, fino a sperimentare la morte, e la morte più umiliante e barbara (la morte in croce era riservata ai peggiori delinquenti), riversa sull’umanità intera il dono della divinità, come si dice efficacemente nella bellissima antifona ai primi vespri della solennità della Madre di Dio, che celebriamo il primo Gennaio di ogni anno e che così recita: “O meraviglioso scambio, il Signore nostro Dio divenuto vero uomo, ci dà la sua divinità.” E’ davvero uno scambio meraviglioso e tutto a nostro vantaggio quello che compie il Cristo: lui prende su di noi la nostra natura umana e mortale, i nostri peccati e la nostra debolezza e in cambio dona a noi la vita divina. O ancora, “Accogli Signore i nostri doni in questo misterioso incontro, tra la nostra povertà e la tua grandezza. Noi ti offriamo le cose che tu stesso ci hai dato e tu in cambio donaci, donaci te stesso”. E’ la preghiera che il sacerdote recita sulle offerte nella Messa del 5 Gennaio.

6 Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». 7 Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo». 8 Gli disse Simon Pietro: «Non mi laverai mai i piedi!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me».

Pietro si rifiuta di farsi lavare i piedi. Giammai tu che sei il Maestro e il Messia laverai i piedi a me!
Questo è un grande problema. Anche oggi. Anche per ognuno di noi. Non è sufficiente incontrare il Signore, bisogna anche lasciarsi fare da lui, lasciarsi amare, permettere che lui ci tolga i calzari e che tocchi la nostra polvere, i nostri peccati più profondi, le nostre mancanze e brutture più intime e nascoste. Non possiamo darci la grazia di Dio da soli, non possiamo presumere di salvarci senza che sia Lui a farlo. Oggi questo è un problema molto serio, nell’epoca della “religione fai da te”, in cui si ritiene di poter regolare tutto da soli nel nostro “rapporto personale” con il Signore. Infatti Gesù dice a Pietro: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”. Gesù non fa sconti, non è possibilista riguardo questo punto, non assume quell’atteggiamento -che oggi diremmo “buonista”-, di chi dice “sì, dai, non preoccuparti, va bene lo stesso…”. Anche noi, come Gesù, dobbiamo divenire umili per lasciarci toccare da lui nelle nostre ferite più profonde, da lui solo che può risanarci e guarirci. Spesso viviamo la conversione al Signore e la nostra fede in lui come una serie di cose da fare, di atti da compiere, senza capire che il primo gesto vero di un cuore convertito è quello di lasciarsi amare per quello che siamo, di guardare insieme a Gesù le nostre ferite, i nostri peccati, per lasciarci toccare da lui, per permettergli di lavarci e di guarire il nostro cuore. E’ un atto di fiducia e nello stesso tempo di obbedienza al quale siamo chiamati. Lasciarci toccare, lavare da Gesù! (“dice il Signore: «Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana.” (Is 1,18). C’è da mettere in atto la fiducia, è un atto di fede in Gesù che dice a noi come a Pietro «Se non ti laverò, non avrai parte con me».

9 Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!». 

  • Che bella questa irruenza di Pietro. Non ha capito quasi niente (“Quello che io faccio, tu ora non lo capisci, ma lo capirai dopo”), ma si fida del suo Signore. Al solo sentirsi dire: “guarda che se non ti farai lavare non potrai aver parte con me”, cambia idea e ora vuol fare tutto il bagno dalla testa ai piedi! O Signore, dai anche a noi questo slancio di Pietro, convinci anche i nostri cuori induriti a voler aver parte con te! Abbatti le nostre resistenze (culturali, di orgoglio, di dubbio, di vergogna,…) per farci pulire da te, dal tuo lavacro di grazia! Aiutaci a fare questo atto di umiltà…

10 Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto mondo; e voi siete mondi, ma non tutti». 11 Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete mondi».

  • Pietro aderisce ora alle parole del Maestro, ma senza capire il significato profondo dell’azione di Gesù. Si mostra disposto a farsi lavare, non solo i piedi, ma, anche le mani e la testa come in un’azione di purificazione o abluzione- frequente nella mentalità giudaica del tempo. Non comprende il significato del gesto che Gesù sta compiendo a lui e agli altri. I discepoli sono diventati puri nel momento in cui hanno accettato di lasciarsi guidare dalla Parola del Maestro (“Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato” – 15,3), rifiutando quella del mondo quindi essi non hanno più bisogno del rito giudaico della purificazione, ma solo di “lasciarsi lavare i piedi da Gesù”, ovvero di lasciarsi amare da lui. E’ un lavacro nuovo questo, che preannuncia il sacrificio di Gesù che si offre per noi sulla croce, donandoci questa purificazione, questo lavacro dai nostri peccati (Egli portòi nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siete stati guariti” – 1Pt2, 24-25a). E’ quanto avviene a noi con il battesimo, che è lavacro di purificazione che ci rende figli di Dio (“e se figli anche eredi”, ci dice ancora S. Paolo – Rm 8,17) il cui dono di grazia siamo chiamati a custodire e conservare puro nel corso della nostra vita lasciandoci continuamente lavare da Gesù.
  • “E voi siete mondi, ma non tutti”: c’è chi ha rifiutato il dono, chi ha tradito, chi non ha voluto accogliere la Parola e grazia di Dio che è per tutti. Il problema non è tanto il tradimento per paura, per debolezza (anche Pietro da lì a poco tradirà e tradirà per ben tre volte!), ma il tradimento pensato, studiato, voluto, consapevole e reiterato. Il Signore, proprio perché ci ama, ci rende liberi, non obbliga nessuno a seguirlo e accoglierlo. (“Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male; poiché io oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore tuo Dio ti benedica nel paese che tu stai per entrare a prendere in possesso. Ma se il tuo cuore si volge indietro e se tu non ascolti e ti lasci trascinare a prostrarti davanti ad altri dèi e a servirli, io vi dichiaro oggi che certo perirete, che non avrete vita lunga nel paese di cui state per entrare in possesso passando il Giordano. Prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra: io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la tua longevità, per poter così abitare sulla terra che il Signore ha giurato di dare ai tuoi padri, Abramo, Isacco e Giacobbe”.(Dt 14,15-20)). Anche Giuda aveva questa libertà di scelta…

12 Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Sapete ciò che vi ho fatto? 13 Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. 14 Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. 15 Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.

  • “Signore” a quel tempo era chiamato colui che aveva potere di vita o di morte sui suoi servi, colui che disponeva di loro in tutto e per tutto. É davvero sconvolgente questa immagine di Dio che Gesù ci rivela: Lui non è un sovrano che risiede esclusivamente nel cielo, ma si presenta come servo dell’umanità per innalzarla a livello divino. Da questo paradosso divino scaturisce per la comunità dei credenti quella libertà che nasce dall’essere “figli nel Figlio”, che nasce dall’amore e che rende tutti i suoi membri «signori» (liberi) perché servi. É come dire che solo la libertà crea vero amore. Si serve liberamente, per amore, senza aspettarsi nulla in cambio. D’ora in poi il servizio che i credenti renderanno all’uomo avrà come scopo quello di instaurare rapporti tra gli uomini in cui l’uguaglianza e la libertà siano una conseguenza della pratica del servizio reciproco. Gesù con il suo gesto intende mostrare che qualsiasi dominio o tentativo di sopravvento sull’uomo è contrario all’atteggiamento di Dio che, invece, serve l’uomo per elevarlo a sé. Inoltre non hanno più senso le pretese di superiorità di un uomo sull’altro, perché la comunità fondata da Gesù non ha caratteristiche piramidali, ma dimensioni orizzontali, in cui ciascuno è a servizio degli altri, sull’esempio di Dio e di Gesù. (Non mentitevi gli uni gli altri. Vi siete infatti spogliati dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova, per una piena conoscenza, ad immagine del suo Creatore. Qui non c’è più Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o Scita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti. Rivestitevi dunque, come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E siate riconoscenti! Col 3,9-15)
  • Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.” Ecco in questo solo versetto il comandamento di Gesù per i suoi, ripetuto tante volte nel Vangelo di Giovanni ( “Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri” (15,17) e ancora: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri (13,35)). Il comandamento dell’amore è la cartina di tornasole del cristiano cui tutte le altre pratiche sono sottomesse. Lo stesso evangelista Giovanni nella sua prima lettera rincara la dose per quelli che, come molti di noi oggi, fanno finta di non sentire e ci ammonisce: “Se uno dicesse: «Io amo Dio», e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede.”(1Gv 4,20). Non abbiamo più scuse, non possiamo più tirarci indietro e vivere una fede disincarnata, che non incida (incidere è un verbo che implica una ferita, un qualcosa che fa male, che scarnifica) concretamente nel nostro stile di vita e nelle nostre scelte. Gesù ci ha mostrato la via, la via del dono di sé fino a donare la vita…                                                                                 Passata questa emergenza sanitaria che ci confina tutti nelle nostre case, e che ha portato a molti tanto dolore, saremo tutti chiamati molto presto a confrontarci con queste parole del Vangelo, a mettere alla prova dei fatti la nostra fede, riguardo le scelte economiche e politiche da intraprendere per risollevarci insieme da questa catastrofe. Il Vangelo parla della vita concreta, ci chiede conto del fratello e ci invita a stili di vita nuovi che comprendano l’amore per chi più ha bisogno. Quale società vogliamo costruire? Anche qui avremo davanti il bene e il male, la condivisione o l’esclusione di tanti, l’interesse personale o quello collettivo. Molte volte vorremmo che il bene fosse a costo zero o che a pagare fossero sempre gli altri, ma così non è. Il Signore ci preservi dall’egoismo, dal tornaconto e ci metta nel cuore la legge dell’amore che lui ci mostra con il dono gratuito della sua vita per tutti (Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi.”)

Ci doni Gesù la grazia e l’amore per saper scegliere sempre il bene!

PREGHIAMO

Salmo 116 (114-115), 12-13;15-16bc; 17-18

Che cosa renderò al Signore
per quanto mi ha dato?
Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore
Preziosa agli occhi del Signore
è la morte dei suoi fedeli.

Io sono tuo servo,
figlio della tua ancella;
hai spezzato le mie catene.
A te offrirò sacrifici di lode
e invocherò il nome del Signore.
Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il popolo.

 

Preghiere finali:                                                                                                              

Affascinato dal modo con cui Gesù esprime il suo amore verso i suoi Origene così prega:

Gesù, vieni, ho i piedi sporchi.
Per me fatti servo, versa l’acqua nel bacile;
vieni, lavami i piedi.
Lo so, è temerario quel che ti dico,
ma temo la minaccia delle tue parole:
«Se non ti laverò,
non avrai parte con me».
Lavami dunque i piedi,
perché abbia parte con te.

(Omelia 5 su Isaia)

E Sant’Ambrogio preso da un desiderio ardente di corrispondere all’amore di Gesù, così si esprime:

O mio Signore Gesù,
lasciami lavare i tuoi sacri piedi;
te li sei sporcati da quando cammini nella mia anima…
Ma dove prenderò l’acqua della fonte
per lavarti i piedi?
In mancanza di essa
mi restano gli occhi per piangere:
bagnando i tuoi piedi con le mie lacrime,
fa’ che io stesso rimanga purificato.