Giornata Mondiale Giovani 2021

Ed eccoci a GET UP 20-21!

“Alzati ti costituisco testimone di quel che hai visto” At 26,16

Per i giovani tra i 18 e i 35 anni.

Ci vediamo sabato 20 Novembre alle 18:00 in via Covignano, 259 (Rimini)

Vi fermate a dormire in stile GMG? Poi la colazione ve la offriamo noi!
Il 21 Novembre mattina vivremo il momento conclusivo della GMG 2021 con la messa insieme animata dal coro di Pastorale Giovanile!

Contributo di 12€ se non ti fermi a dormire
Contributo di 15€ con pernottamento e colazione!
Necessario greenpass.

Vi aspettiamo!

Iscrizioni aperte sul sito https://chiesa.rimini.it/giovani/get-up-gmg-2021/

Saper dire addio

su AVVENIRE del 3 novembre 2021

«Il saper dire addio e l’aiutare a dirlo»

di Lello Ponticelli, sacerdote e psicologo

L’addio è «un’arte difficile che pochi sanno usare», ha scritto Umberto Folena, e che, però, possiamo imparare. In questi giorni, laici e credenti, siamo accomunati dal ricordo dei defunti e potrebbe essere importante confrontarci con la domanda sul «Come dire ‘addio?’ ». E «come aiutare gli altri a dirlo?».

Anni fa ci provò un vescovo, il compianto cardinale belga Godfried Dannels, in una bellissima lettera pastorale intitolata: «Dire Addio». Ne suggerirei la lettura a tutti. Poi mi metterei alla scuola di quanti, durante la pandemia, negli ospedali, nelle Rsa, nei pronto soccorso hanno aiutato le persone a prendere congedo da questo mondo facendo sentire il calore di una presenza, non certo sostitutiva dei familiari, ma importantissima e davvero straordinaria: non saremo loro mai grati abbastanza!

Addio: appena pronunci questa piccola parola ti sale un groppo in gola; struggente e malinconica, essa evoca il dolore che accompagna tutte le esperienze di distacco e perdita, soprattutto quelle di una persona cara.

Eppure, è una parola densa di mistero e di speranza che potremmo riscoprire nel suo dolce richiamo alla destinazione finale del nostro vivere e morire. Proviamo a pronunciarla quasi come un sussurro alle orecchie del cuore: «A Dio», ecco il tuo approdo! Da Dio a Dio: questo il nostro pellegrinaggio e non un vagabondare «dall’ostetrico al becchino» ( Vittorio Messori).

Dire addio mette in gioco ciascuno di noi, con tutto quello che siamo. E chiede di imparare a vivere l’esperienza delle nostre «perdite» e dei nostri lutti, senza far finta di niente, senza scorciatoie, ma accettando di fare un lungo e tortuoso cammino.

Si tratta di attraversare l’ora dello sconcerto come quella della rimozione; l’ora dello scoraggiamento e dell’apatia, come quella della protesta e della rabbia, magari anche nei confronti di Dio.

E ciascuno il cammino lo farà a suo modo, col suo ritmo e i suoi tempi, con un esito per nulla scontato, nella speranza di avere qualche solido punto di orientamento e, forse, una guida e una compagnia.

Ma spesso, proprio accettando di camminare a tentoni e in solitudine, può emergere forte il richiamo di Dio e della sua grazia, la mite fortezza della fede e il grido della preghiera, che possono condurre all’abbandono fiducioso, alla riconciliazione con se stessi, con la vita e finanche con la morte, con la possibilità di appellarla come «sorella».

Cosa abbiamo imparato finora sull’arte di dire addio? Cosa ci ha consegnato la pandemia su quest’arte? Forse abbiamo appreso che c’è bisogno di dedicare al prossimo più tempo e tanto ascolto, perché le pene dell’anima possano emergere ed essere dette a un cuore amico.

C’è bisogno di lasciare ai «fratelli tutti» la possibilità di poter esprimere fino in fondo quanto si portano dentro: di tristezza, di rimpianto, di colpa, ma anche di rabbia e forse anche di disperazione. Ognuno di noi ha potuto e può ancora imparare a stare accanto all’altro senza rispondere subito ai perché, ma spesso solo aiutando a reggerne l’urto.

Paradossalmente, proprio in un tempo dove la distanza fisica si è imposta, abbiamo imparato che la vicinanza spirituale affettuosa e sobria, si fa custodia del benessere dell’anima, del cuore e della mente; che offre il tepore e il ristoro di relazioni significative e autentiche, tanto più se coinvolgono anche la comunità nel suo insieme.

Per aiutare a dire «addio» e accompagnare le persone nell’ora del lutto, abbiamo imparato che talvolta sarà necessario sottrarre l’altro all’apatia e alla paralisi di cui è tentato, superando la paura di essere invadenti.

Chi piange la perdita di una persona cara ha bisogno di sapere che noi ci siamo, anche se non sappiamo dire niente ma soltanto ascoltare e comprendere, empatizzare e consolare, sostenere, all’occorrenza anche scuotere.

Per accompagnare nell’ora del lutto, sarà tanto importante lasciare che l’altro racconti e si racconti, mentre ritrova la strada di un’apertura nei confronti del prossimo, ponendo gesti di generosità e carità, in memoria dei suoi cari (Enrico Parolari).

Imparare a dire addio e aiutare a dirlo, affratella. È un’arte preziosa che anche Gesù ha imparato, vissuto e poi insegnato: «Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, ritornerò e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io». (Gv 14.1-3)

Facciamo i compiti assieme?

La cresima? No ai genitori che minacciano il parroco 

Roberta Vinerba – su AVVENIRE 10 ottobre 2021

La cresima? No ai genitori che minacciano il parroco

 

L’ennesima telefonata di una catechista al parroco per dire la maleducazione con cui è stata trattata dalla mamma di un bambino che pretendeva un certo orario di catechismo. L’ennesima.

Nulla di nuovo: lo sa bene chi presta servizio in una qualunque parrocchia. La maleducazione, l’arroganza, le pretese dei genitori sembrano crescere sempre di più, dal Covid in qua la peggior umanità sembra aver preso il sopravvento.

Abbiamo celebrato (e stiamo tuttora celebrando) tante cresime, per recuperare i due anni di restrizioni con tutta la comprensione per il tempo eccezionale che abbiamo vissuto.

Arrivano in parrocchia genitori di ragazzi mai visti in questi due anni (i nostri educatori e catechisti non si sono mai fermati, inventandosi di tutto per dare una qualche continuità al loro servizio e stare comunque vicino ai ragazzi nel rispetto di tutte le normative e di tutta la prudenza necessaria e dovute nel tempo di pandemia).

Arrivano, dicevo, e pretendono il sacramento. Non gli importa nulla di cosa sia, ma pretendono che il figlio, la figlia, celebri la cresima. Non li vedi mai a Messa, sottolineo mai, eppure pretendono sacramenti e modalità. E si relazionano con fare aggressivo e maleducato con gli educatori come fossero gente di serie B perché stanno in parrocchia, come se fossero lì per guadagnarci qualcosa.

Il catechismo non è nell’orario comodo (il calcio, la musica, l’atletica, anche se fossero a mezzanotte vanno bene lo stesso, il catechismo deve essere in orario tale da mettere d’accordo trenta mamme) e se ricordi loro che i catechisti sono volontari con famiglia, lavoro e altro, e che se volessero dare una mano c’è posto anche per loro, allora no, allora hanno altro da fare, gli altri invece, si sottintende, stiano al loro servizio.

Accade anche che, dopo il sacramento della comunione o della cresima, l’educatore che per almeno due anni si è preso cura del figlio, che settimanalmente ha inviato ai genitori informazioni ed altro su whatsapp (ai quali messaggi tanti neppure si degnano di rispondere), si trovi bloccato dal genitore. Senza una parola di ringraziamento o anche senza neppure dire: non mi interessa, non mi importuni più.

Maleducati e arroganti, pensano alla parrocchia come ad un distributore di non si capisce cosa: i sacramenti sono un dono da accogliere nella fede. Non sono utili a nulla (se non alla vita eterna, certo): dunque perché ‘volerli’?

Non capisco questo affollarsi a chiedere sacramenti manifestando chiaramente il più totale disinteresse per le cose di Dio.

Accade di vedere bambini smarriti e a disagio nell’assistere allo sproloquio di un padre che sbatte i pugni davanti al parroco che cerca di spiegargli che il figlio, non avendo mai messo piede in chiesa o in un gruppo di catechismo, mai visto prima, non può celebrare la cresima solo perché ne ha l’età – conosciamoci, dice il parroco, camminiamo un po’ insieme, inseriamolo in un gruppo dove possa fare amicizia e in primavera vediamo.

Il padre come risponde? «Vado dal Vescovo, io ho tante conoscenze nella chiesa, stia attento».

No, non esagero, è accaduto un mese fa, ma so che scene simili accadono un po’ ovunque. Lo dichiaro: sono amareggiata, stupita da tanta maleducazione e arroganza, preoccupata di come ci troviamo dopo due anni nei quali avremmo dovuto riscoprire il valore delle relazioni.

Non sto certamente dimenticando i tanti genitori meravigliosi che fanno squadra con i catechisti, con gli educatori, che si relazionando in maniera civile e serena, che si confrontano educatamente.

Non li dimentico e sono tanti, forse la maggioranza: si sa, una foresta che cresce non fa rumore, un albero che cade fa un grande fracasso. Certo, questi genitori maleducati e presuntuosi, oltreché pretenziosi, ne fanno tanto.

Però senza dimenticare i tantissimi genitori ‘normali’, credo però giusto offrire anche questo spaccato di vita di parrocchia perché siano dette anche le umiliazioni e le ingiustizie patite da tanti catechisti ed educatori a causa dell’imperante maleducazione di alcuni genitori.

Perché dobbiamo essere cortesi con tutti, ma mai silenti davanti all’arroganza.
Abbiamo un tesoro da donare, non perle da dare ai porci.

 

 

Mostra del Ricamo

Mostra del Ricamo

(a sostegno delle Opere missionarie)

inaugurazione: sabato 30 ottobre ore 15,30
ORARI DI APERTURA
Sabato 30 ottobre: ore 15,30-19
Domenica 31 ottobre: ore 9-12 / ore 15,30-19
Lunedì 1 novembre: ore 9-12 / ore 15,30-19
Martedì 2 novembre: ore 15,30-19 (chiusura)

partecipare alla beatificazione di Sandra

Beatificazione Sandra Sabattini

La Beatificazione di Sandra non sarà solo una celebrazione ma un “dono” per tutta la nostra Chiesa riminese. Queste sono le indicazioni per poter partecipare alla Celebrazione del 24 ottobre alle ore 16 in Cattedrale

I partecipanti saranno disposti a sedere (a distanza di 1 metro) in quattro settori: Cattedrale, sagrato, cortile adiacente, sala Manzoni. Ogni settore sarà contrassegnato da un colore diverso che corrisponderà al “pass” colorato che verrà consegnato ad ogni partecipante. Si sono previste circa 1.200 persone.
Per dare la possibilità di partecipare a tutte le componenti ecclesiali, ci si atterrà a questa distribuzione:

In Cattedrale:  (oltre ai preti, diaconi e servizio liturgico)

Comunità Parrocchiali:    2 rappresentanti per parrocchia
Parrocchia San Girolamo: 10 posti
Papa Giovanni XXIII:        100 posti
C.L.  :                                           10 posti
Altre associazioni:               2 rappresentanti ciascuna
Religiose :
                                1 rappresentante di ogni Comunità religiosa

Negli altri Settori (cortile, sagrato, sala Manzoni)

Comunità Parrocchiali:    4 rappresentanti per parrocchia
Parrocchia San Girolamo:  20 posti
Papa Giovanni XXIII
:         300 posti
C.L.
  :                                           20 posti
Altre associazioni
:               4 rappresentanti ciascuna
Religiose :
                                2 rappresentanti di ogni Comunità religiosa

E’ necessario iscriversi rivolgendosi alla Segreteria diocesana (Matteo o Marco) nelle mattinate dalle 8,30 alle 12 ritirando contestualmente il “pass” colorato con cui presentarsi alla celebrazione. L’ultimo giorno in cui sarà possibile ritirare il pass sarà sabato 16 ottobre. Dopo tale data i posti rimasti verranno distribuiti ai singoli fedeli che ne faranno richiesta alla mail: beatificazionesandra@diocesi.rimini.it
Per aiutare le nostre comunità ecclesiali a prepararsi alla Beatificazione si propongono due iniziative:

  1. a) Una Novena di preghiera, che in modo sobrio ripercorre le caratteristiche della cammino di santità di Sandra. A livello diocesano, sarà celebrata in Cattedrale dal 15 al 23 ottobre alle ore 17,30 (dopo la messa). La stessa cosa può essere fatta nelle nostre comunità parrocchiali o nei gruppi ecclesiali. (vedi allegato)
  2. b) La Mostra “Il segreto di Sandra”: da sabato 9 a sabato 16 Ottobre presso il porticato della Curia di fianco al Duomo. 14 pannelli molto vivaci che ripercorrono la vita di Sandra, ponendo domande profonde in particolare ai giovani. Una bella opportunità da valorizzare in particolare coi gruppi di ragazzi e giovani , come anche con classe scolastiche. La mostra sarà spiegata da giovani e adulti preparati. Allego le indicazioni degli orari e modalità di iscrizione.

 

Marco, oggi diacono, domani prete.

 

Ciao,mi chiamo Marco Evangelisti, ho 26 anni e sono di Santarcangelo di Romagna. Sono entrato in Seminario nel 2013 a 18 anni e il 19 settembre 2021 sono stato ordinato diacono per il presbiterato in cattedrale dal nostro vescovo Francesco.

Quando avevo 16 anni frequentavo il coro della parrocchia e l’oratorio Anspi, ho partecipato nel 2011 al un campo diocesano “ w” di Azione Cattolica e lì ho scoperto che l’amicizia con Gesù era importante nella mia vita. Ricordo ancora che in un momento di riflessione, preghiera e deserto ho avuto un’intuizione… qualcuno mi chiamava a prendere in mano la mia vita e spenderla per gli altri.
Tornato a casa dal campo con questa cosa dentro avevo paura, questo desiderio di conoscere meglio Gesù dentro di me non si spegneva, fino a quando, grazie anche all’aiuto dei miei educatori e della mia guida spirituale (don Stefano Sargolini) ho maturato il desiderio di diventare prete.

Come il Signore ti ha attratto?

Attraverso la bella testimonianza della mia comunità parrocchiale e dei preti ho sentito che quel tipo di vita poteva fare anche per me.

Una volta entrato in seminario ho conosciuto tanti preti e tante persone in Diocesi che mi hanno sostenuto in questo cammino e ho ricevuto davvero in questi anni il 100 volte tanto di cui parla Gesu a Pietro e ai suoi discepoli nel Vangelo.

Quali esperienze hai vissuto in questi anni…

Entrato in Seminario a Rimini nel 2013, ho fatto due anni di propedeutica nella comunità riminese. La propedeutica è la tappa iniziale del Seminario dove si verifica e si approfondisce la propria vocazione e la propria storia.
Successivamente ho frequentato il Pontificio Seminario regionale flaminio Benedetto XV a Bologna, dove ho studiato per 5 anni presso la Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna e mi sono laureato nell’ottobre 2021. In questi anni sono stato in diverse parrocchie a svolgere il mio servizio da seminarista: Sant’Agostino, San Giuliano Martire-Santa Maria Maddalena, Sant’Andrea Dell’Ausa dove mi trovo attualmente. Nell’anno 2021-2022 ho vissuto a Rimini a tempo pieno, facendo un anno pastorale in parrocchia.
In questi anni ho conosciuto diverse realtà associative della nostra chiesa riminese: Anspi, Azione Cattolica e Agesci.

Essere prete oggi…

Penso che al giorno d’oggi essere prete sia una vera e propria sfida. Mi sento dire spesso che sarà difficile… ok, è vero. Ma chi può dire di avere una vita facile? Penso che il Signore ci lasci liberi di fare le nostre scelte e di vivere le nostre vite, sta a noi prenderle in mano e far fiorire la nostra vocazione.
Oggi penso che il prete sia una figura ancora preziosa, che io stimo e un domani mi piacerebbe davvero diventare un bravo prete: che ama il Signore, la Chiesa e i fratelli che gli sono dona
ti.

 

(intervista tratta dal settimanale diocesano “ilPonte”)

 

Metti l’icona

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Fatto ciò, scrivi nella barra degli indirizzi situata in alto www. crocifisso.rimini.it    e vai alla pagina iniziale del nostro sito.

Adesso, tocca i tre puntini () che vedi nell’angolo in alto a destra.

Nel menu che ti viene mostrato, premi su Aggiungi a schermata Home. Un nuovo messaggio ti permette di attribuire un nome alla nuova icona (puoi lasciare anche quello già scritto) e premi sulla scritta Aggiungi per completare il procedimento.

Ecco la nuova icona è fatta! Controlla nella schermata iniziale, (quella che ti compare quando accendi il cellulare).

Se non trovi la nuova icona nella schermata iniziale, cercala anche nelle altre schermate, dove hai le altre icone e prova subito il collegamento diretto con il sito della parrocchia del Crocifisso.

D’ora in poi non dovrai più scrivere l’indirizzo, ma toccando questa icona arriverai direttamente nel sito della parrocchia e potrai conoscere vita e persone della comunità.

Non guardare!

NON GUARDARE!

Mia madre ci diceva: “Non guardate, non guardate, occhi a terra”.
Non era per proteggere noi, era per proteggere lui, o lei, o loro: chiunque avesse una deformità, un difetto evidente, una menomazione fisica.
La sua voce era piena di allarme, ci metteva in agitazione perché non comprendere subito cosa volesse, era punizione sicura.
E per molto tempo non ho capito quale fosse il limite, il confine oltre il quale non ci era lecito guardare il corpo degli altri, provare curiosità per la forma di altri corpi.
In realtà, in quel modo non faceva che confermarci la frattura, la separazione definitiva tra la norma e l’eccezione, anche se i suoi intenti erano buoni (gli intenti buoni di mia madre hanno lastricato vari inferni e hanno sempre prodotto mostri, noi).
Infine, lo avevamo interiorizzato, ed entravamo in agitazione da soli, quando appariva qualcuno in sedia a rotelle, o con difetti o menomazioni fisiche evidenti.
Ce lo dicevamo da soli – c’è quel momento in cui la voce della madre diventa indistinguibile dalla tua, e non sai se sei tu o lei, ed è riuscita la deformazione definitiva, la menomazione definitiva.
Oggi io provo angoscia per il corpo degli altri, per il confine non scritto non segnato non detto.
I miei occhi diventano scivolosi, la voce di mia madre torna, potente, e mi fa tremare.
Io non riesco a guardare serenamente le Paralimpiadi, e me ne vergogno.
I pezzi mancanti, i corpi mozzi, scomposti, segnati, i corpi interrotti mi fermano il fiato, mi fanno chinare il capo, con una remota colpevolezza (“se li guardi li imbarazzerai”), con un remoto sollievo (“il tuo corpo non difetta, sei stata fortunata”), con una remota vergogna (“se registri la deformità sei spregevole, sei indegna”).
Questi atleti, queste atlete coraggiose e smaglianti, che gareggiano e festeggiano, hanno gesti di tale pienezza e forza che generano incanto, e io cerco di usarli come cura per il mio sguardo mutilato, imperfetto. Il mio sguardo sì, invalido.

Anna Mallamo
Facebook 4 settembre 2021

Orario SS. Messe dal 15 settembre

dal 15 settembre 2021


Campo Giovani Azione Cattolica

Campo ACG (Azione Cattolica Giovani) 2021

“Basar”,  il corpo.

 

Presentazione di Filippo Pasquini,
vice giovani diocesano su: Il Ponte – 29/8/2021

https://ilponte-ita.newsmemory.com?publink=0445f8758_1345eb1

 

 

La preghiera del Capo

PREGHIERA DEL CAPO

 

Fa’, Signore, che io ti conosca.

E la conoscenza mi porti ad amarti,

e l’amore mi porti a servirti

ogni giorno più generosamente.

Fa’ che io veda, ami e serva te

in tutti i miei fratelli,

ma particolarmente

in coloro che mi hai affidati.

Te li raccomando, perciò, Signore,

come quanto ho di più caro,

perchè sei tu che me li hai dati

e a te devono ritornare.

Con la tua grazia, Signore,

fa’ che io sia sempre loro di esempio

e mai d’inciampo;

che essi in me vedano te,

e io, in loro, te solo cerchi;

così l’amore nostro sarà perfetto.

E al termine della mia giornata terrena

l’essere stato capo mi sia di lode

e non di condanna.

Amen.

Senza Rete n. 9

SENZA RETE n. 9

Il giornalino da stampare per quelli che non usano Internet. Ce ne sono già alcune copie in fondo alla chiesa, ma chiunque può stamparne una copia e donarla a qualche suo conoscente senza internet.

vedi i precedenti 

 

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Non sento più nulla

Carissimi Edoardo e Chiara, permettetemi di entrare subito nell’argomento con una domanda precisa: che cosa dire a chi vuole separarsi perché “non sento più nulla”? Lo dicono sempre più spesso e nemmeno con dispiacere, ma come una cosa normale, una evoluzione del rapporto di coppia quasi inevitabile, e io rimango sempre stralunata di fronte a questa superficialità. Non che non capisca il problema, ma è come viene affrontato dalle coppie anche sposate in chiesa che mi stupisce e mi dispiace tanto non poter far nulla per loro, magari perché non vogliono neppure un aiuto. Grazie per la vostra risposta. (Una lettrice)


Carissima lettrice, la tua domanda ci muove un tumulto di riflessioni al punto tale che servirebbe un libro per poterle ben distendere. Proviamo comunque a tracciare alcuni elementi utili alla risposta e, per farlo, ci rivolgeremo direttamente nel nostro discorso a una di quelle persone cui tu fai riferimento nel tuo scritto: utilizzeremo il maschile per questione di brevità, ma è chiaro che le stesse cose si possono declinare anche al femminile.

Caro amico che dici di non avvertire più alcun sentimento per tua moglie, questo tuo «non sento più nulla» presuppone che ci sia stato un tempo in cui qualcosa l’hai sentito, e allora è chiaro che il sentire (e in ugual modo il non sentire di oggi) è solo un indizio che rimanda ad altro, non una prova che constata una situazione immutabile.

La domanda che pone questa tua mutevolezza emotiva è: che cosa si è frapposto tra quel prima, in cui sentivi, e l’adesso in cui non senti più? Questo richiede un’esplorazione, un’indagine.

Quali parole sono venute meno, quali gesti, quali sguardi, quali attenzioni, affinché quel capitale d’amore che era stato donato a te e a tua moglie si è dilapidato? Amico, è come se tu avessi ereditato un’azienda florida, che produceva guadagno, e ora ti ritrovassi ad avere costanti perdite del tuo capitale. La realtà ti sta chiedendo di dare un nome a quelle scelte che hanno portato a questa inversione di tendenza.

Se comprendi quali siano stati i fattori che, con la loro presenza o la loro assenza, hanno promosso l’inversione, potresti (e potreste) decidere non solo di prendere atto dell’attuale situazione, ma di operare un intelligente e mirato cambiamento per reinvertire il vostro trend emotivo/affettivo, riportando tra di voi, gradualmente, una nuova abbondanza.

Caro amico, proprio la mutabilità del tuo sentire attuale ti racconta della caducità degli stati emotivi. Se nei giorni della giovinezza della tua relazione hai toccato i vertici della piacevolezza, e oggi ne constati la piattezza, non ci potrebbe essere davanti a te un futuro di nuove emozioni, ancora tutte da vivere? Un domani che porta con sé tutta quella saggezza che solo chi ha conosciuto sia l’alto che il basso può avere come premio?

Come scriveva Christiane Singer in un suo magnifico libriccino, tutti gli alberi da frutto durante l’inverno assomigliano più a scope di saggina con il manico piantato a terra, che a quello che solitamente i nostri occhi riconoscono come albero. Se cedessimo alla logica dei sensi, potremmo dire che l’unica cosa sensata da fare sia tagliarli. Ma se avremo la pazienza di aspettare, le leggi della natura hanno previsto qualcosa di irragionevole, riportare in vita quello che sembrava ormai morto, e potremmo ancora godere di germogli, fiori e frutti.

Caro amico, come sosteneva Stephen Mitchell, una parte di noi cerca una «casa» sicura nella quale stabilirsi placidamente e, quando finalmente l’abbiamo costruita, un’altra parte di noi comincia a percepirla come una prigione. Siamo tutti ambivalenti: da una parte costruiamo nidi caldi e sicuri, dall’altra vorremmo affrancarcene per la libertà del volo. Anche tu, caro marito, insieme al tuo matrimonio siete caduti in questa trappola. Il desiderio di sicurezza si è trasformato in stabilità, la quale è divenuta quotidianità, che si è poi mutata in una ripetitività che è sfociata nell’apatia del cuore. Ora vuoi altre terre da esplorare, vuoi risentire l’adrenalina del cuore e ti capisco.

Ma la vera domanda è: serve davvero un’altra sposa o un altro sposo per tutto questo? Se la danza del tuo matrimonio ti ha mummificato il cuore, non è forse necessario cambiare coreografia e musica e non ballerina?

Ti lascio con le domande che contano, quelle su cui puoi fondarti o rifondarti: di fronte al tuo «non sentire», chiediti che uomo vuoi essere: uno che constata la morte o uno che desidera far risorgere? Di fronte alla sfida di fare nuove le cose vecchie, come ti vuoi porre? Vuoi essere un disertore o un temerario che non fugge dalla sua battaglia? Qui, in questa crisi, è in gioco non la fine, ma il fine, il tuo fine ultimo. In che direzione ti vuoi dirigere, verso il basso o verso l’alto?

Caro amico, tutti noi ti sosteniamo e facciamo ammenda per non averlo fatto prima. Ci vergogniamo di non aver sostenuto, incoraggiato e promosso il bene del tuo amore come potevamo. Ora siamo qui, però, e se ci vorrai al tuo fianco in questa risurrezione non mancheremo di esserci, per come vorrai.

Cara lettrice, nell’auspicio di esserti stati di aiuto, ti abbracciamo. Continua anche tu a tentare di portare speranza nel cuore delle persone: l’inverno prima o poi finisce e una nuova primavera arriverà.

___________________________

Edoardo e Chiara Vian
nella rubrica: Vivere insieme – Parliamo di famiglia
Messaggero di sant’Antonio, giugno 2021

Lugoj (Romania) si chiude

Riporto l’ultima e-mail ricevuta da Lugoj (Romania) il 12/05/2021 dopo la segnalazione che il bonifico da me fatto al solito conto bancario non era andato a buon fine:

Buongiorno Don Roberto (?), grazie del suo interesse per i nostri poveri. Putroppo abbiamo da poco chiuso la nostra attivita a Lugoj. E anche la comunita. Ma abbiamo aperto da due anni un altr casa a Oravița, non molto montano da Lugoj. Li abbiamo un centro rezidențiale per le famiglie con bambino vittime della violena domestica. Se lei vuole puo mandate li il ricavato. Ce ne tanto bisogno anche li. In allegato trova i danti bancare. La superiora della comunita și chiama se Tereza Hortolomei. Îl suo Nr di telefono è….
Grazie ancora. Il Signore benedica la sua vita.

Con rispetto sr Mihaela Branici


UN PO’ DI STORIA

Stampa locale: il Ponte, capodanno 2009

Stampa locale: Corriere Romagna dicembre 2008

 

 

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La caritas parrocchiale

Presentiamo a tutta la comunità parrocchiale lo Statuto della Caritas Parrocchiale del Crocifisso. Si accolgono volentieri osservazioni e suggerimenti per migliorare uno strumento che intende richiamarci ad uno stile evangelico ad ampio raggio.

Statuto della Caritas Parrocchiale del Crocifisso

Vi racconto il Consiglio Pastorale

HO PARTECIPATO AL CONSIGLIO PASTORALE

Da qualche anno, mi è stato chiesto di entrare a far parte del Consiglio Pastorale Parrocchiale, per sostituire la persona che da molti anni aveva prestato il suo servizio per l’ambito della Pastorale Familiare.
Inizialmente ero un po’ timorosa perché ho un carattere timido, ma ero anche curiosa di vedere e di capire dall’interno cosa fosse il Consiglio Parrocchiale, e di farmi portavoce delle famiglie.
Ho trovato un gruppo di persone motivate e pronte a spendersi per la parrocchia, provenienti da ambiti di servizio diversi (Caritas, catechismo, Anspi, Liturgia, rappresentanti di zona, Scout…), insieme ai diaconi e al Parroco.
Gli incontri del Consiglio Pastorale seguono un ordine del giorno stabilito e la riunione si svolge in modo semplice e ordinato, con l’aiuto di un moderatore. Si inizia con un momento di preghiera per entrare con il cuore e con la mente nell’ottica del Vangelo e poter assumere la giusta visione delle cose con l’aiuto dello Spirito Santo.
A volte nelle riunioni ci sono lunghi confronti con visioni diverse, a volte emergono delle belle idee ma non sempre si riesce a concretizzarle, a volte si constata la difficoltà a raggiungere tutti i parrocchiani, perché le forze sono poche: ci vuole un po’ di pazienza e tanta speranza. Gli incontri sono poi verbalizzati da un volontario, così è possibile avere una memoria storica di tutte le riunioni e recuperare tutti gli argomenti e le decisioni prese.
L’impegno richiesto ai membri del Consiglio è di una serata al mese e di partecipare attivamente alla vita della parrocchia, ma la cosa più difficile e la più stimolante nello stesso tempo è riuscire a raggiungere l’obiettivo del CPP: leggere insieme la realtà del nostro territorio, individuare i sogni e le necessità delle persone e, mettendo in pratica il Vangelo, far sì che la parrocchia diventi sempre più una comunità viva, accogliente, capace valorizzare i talenti e di stare accanto a tutti.
Sarebbe importante che tutti ci sentissimo interpellati a prestare il nostro servizio, a dare il nostro contributo alla vita della comunità, come parte attiva nel CPP ma anche nelle varie realtà presenti, secondo le nostre possibilità, come lievito buono che fa crescere la vita delle persone ed essere insieme un segno concreto dell’amore di Gesù, qui nella parrocchia del Crocifisso e nel mondo.

CRISTINA

Festa unitaria di AC

Consiglio Pastorale: cos’è e cosa non è

IL CONSIGLIO PASTORALE

Passano gli anni e si ripresenta il momento di rinnovare il Consiglio Pastorale della nostra parrocchia. È uno modo per mantenere viva la vita parrocchiale, perché il Consiglio è la riunione periodica di fedeli della parrocchia che si assumono il compito di riflettere, alla luce del Vangelo, su come vanno le cose e su come realizzare la missione della Chiesa nel nostro territorio. Agli attuali componenti del Consiglio, in scadenza, va il nostro ringraziamento per essere stati in questo periodo attenti alla vita parrocchiale e desiderosi di cercare, nella complessità del cambiamento d’epoca, scelte pastorali adeguate.

Per rinnovare il Consiglio Pastorale della nostra parrocchia è importante esaminarlo velocemente:

IL CONSIGLIO PASTORALE NON È:

  • Non è un parlamento di rappresentanti delle varie realtà della comunità in cui si vota a maggioranza, oppure sulla base dei voti rappresentati.
  • Non è la “stanza dei bottoni” in cui stanno quelli che “contano” in parrocchia.
  • Non è un luogo strano in cui si fanno strane riunioni.

IL CONSIGLIO PASTORALE È

Il Consiglio Pastorale è quel luogo di comunione e di corresponsabilità in cui appartenenti alle varie componenti del popolo di Dio (laici, consacrate/i, diaconi, associazioni e gruppi ecclesiali) insieme al loro parroco accompagnano e sostengono la vita dei cristiani in quel territorio.

Caratteristica del Consiglio Pastorale è quella di mettere insieme i doni, talenti e carismi di tutti i suoi componenti. Nella comunità cristiana ciascuno è chiamato a fare coro e ad offrire il contributo che può essere solo suo.

Attraverso un dialogo sincero, sereno e obiettivo e con grande attenzione alle esperienze e ai problemi reali della comunità e di ogni situazione, il Consiglio pastorale ha il compito di aiutare a fare incontrare la vita delle persone con il Vangelo.

Il Consiglio Pastorale è uno strumento al servizio della vita comunitaria della parrocchia, perché ciò che si è compreso con l’aiuto dello Spirito venga accolto e costantemente verificato alla luce delle esperienze vissute.

Senza Rete n. 7

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