Arrivano i “capitoli” scout – Energia nucleare

Campeggio Primarie Estate 2023

Mese di Maggio 2023

Parrocchia Sant’Andrea Dell’Ausa (Crocifisso)

Mese di maggio 2023

(a cura di Rino Morri)

Io credo, noi crediamo

Riflessioni di Papa Francesco in dialogo con don Marco Pozza, cappellano del carcere di Padova.

Alle nozze di Cana, Maria dice ai servi: “Qualunque cosa dica fatela”. Il Dio in cui credo è il Dio delle nozze di Cana, il Dio della festa, un Dio felice, che sta dalla parte della gioia, che soccorre i poveri di pane e i poveri d’amore. (Ermes Ronchi)

 

Credo “Simbolo Apostolico”

Credo in Dio, Padre onnipotente,
Creatore del cielo e della terra.
E in Gesù Cristo, Suo unico Figlio, nostro Signore,
il quale fu concepito di Spirito Santo
nacque da Maria Vergine,
patì sotto Ponzio Pilato,

fu crocifisso, mori e fu sepolto; discese agli inferi;
il terzo giorno risuscitò da morte;
salì al cielo, siede alla destra di Dio Padre onnipotente:
di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
Credo nello Spirito Santo,
la santa Chiesa cattolica,
la comunione dei santi,
la remissione dei peccati,
la risurrezione della carne,
la vita eterna.
Amen.

 

 

MISTERI DELLA GIOIA (lunedì –sabato)

PRIMO MISTERO DELLA GIOIA
Contempliamo Colui che tu, o Vergine, hai concepito per opera dello Spirito Santo.

Dal Vangelo secondo Luca: L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù”.

SECONDO MISTERO DELLA GIOIA
Contempliamo Colui che tu, o Vergine, hai portato ad Elisabetta.

Dal Vangelo secondo Luca: In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo.

TERZO MISTERO DELLA GIOIA
Contempliamo Colui che tu, o Vergine, hai dato alla luce.

Dal Vangelo secondo Luca: …non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore.

QUARTO MISTERO DELLA GIOIA
Contempliamo Colui che tu, o Vergine, hai presentato al tempio.

Dal Vangelo secondo Luca: Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore.

QUINTO MISTERO DELLA GIOIA
Contempliamo Colui che tu, o Vergine, hai ritrovato nel tempio

Dal Vangelo secondo Luca:…ed egli rispose loro: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.

MISTERI DEL DOLORE (martedì e venerdì)

PRIMO MISTERO DEL DOLORE
Contempliamo con Maria Vergine Colui che ha pregato il Padre nel Getsemani.

Dal Vangelo secondo Luca: “Padre, se vuoi allontana da me questo calice! Tuttavia, non sia fatta la mia, ma la tua volontà”.

SECONDO MISTERO DEL DOLORE
Contempliamo con Maria Colui che è stato flagellato per noi.

Dal Vangelo secondo Matteo: “Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso”.

TERZO MISTERO DEL DOLORE
Contempliamo con Maria Colui che è stato incoronato di spine.

Dal Vangelo secondo Marco: …lo vestirono di porpora, intrecciarono una corona di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: “Salve, re dei Giudei”.

QUARTO MISTERO DEL DOLORE
Contempliamo con Maria Colui che ha portato per noi il peso della croce.

Dal Vangelo secondo Marco:” ..poi lo condussero fuori per crocifiggerlo. Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cirene..”.

QUINTO MISTERO DEL DOLORE
Contempliamo con Maria Colui che è morto sulla croce per noi.

Dal Vangelo secondo Giovanni: “dopo aver preso l’aceto, Gesù disse:” E’ compiuto!”: E chinato il capo, consegnò lo spirito”.

 

MISTERI DELLA LUCE (giovedì)

PRIMO MISTERO DELLA LUCE
Contempliamo con Maria Colui che è stato battezzato nel Giordano.

Dal Vangelo secondo Luca: “…Gesù, ricevuto anche lui il battesimo, stava in preghiera, il cielo si apri e discese sopra di lui lo Spirito Santo, e venne dal cielo una voce: Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento”.

SECONDO MISTERO DELLA LUCE
Contempliamo con Maria Colui che si è rivelato come lo sposo alle nozze di Cana.

Dal Vangelo secondo Giovanni: Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino”. E Gesù le rispose: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”. Sua madre disse ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”.

TERZO MISTERO DELLA LUCE
Contempliamo con Maria Colui che ha annunciato il Regno di Dio chiamando alla conversione e sequela.

Dal Vangelo secondo Marco: Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertiteci e credete al Vangelo”.

QUARTO MISTERO DELLA LUCE
Contempliamo con Maria Colui che si è trasfigurato sul monte, dinanzi a Pietro, Giovanni e Giacomo.

Da Vangelo secondo Marco: Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro…dalla nube uscì una voce: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”.

QUINTO MISTERO DELLA LUCE
 Contempliamo con Maria Colui che ha istituito l’Eucarestia.

Dal Vangelo secondo Luca: Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede a loro dicendo: “Questo è il mio corpo, che è dato per voi; fate questo in memoria di me”. E dopo aver cenato, fece lo stesso con il calice dicendo; “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che è versato per voi”.

MISTERI DELLA GLORIA (mercoledì – domenica)

PRIMO MISTERO DELLA GLORIA
Contempliamo con Maria Colui che è risorto.

Dal Vangelo secondo Luca: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto. Ricordatevi come vi parlò quando era ancora in Galilea e diceva: Bisogna che il Figlio dell’uomo sia consegnato in mano ai peccatori, sia crocifisso e risorga il terzo giorno”.

SECONDO MISTERO DELLA GLORIA
Contempliamo con Maria Colui che è asceso al cielo.

Dal Vangelo secondo Luca: Poi li condusse fuori verso Betania e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo.

TERZO MISTERO DELLA GLORIA
Contempliamo con Maria Colui che ci ha mandato lo Spirito Santo.

Dal Vangelo secondo Giovanni: Gesù disse loro di nuovo “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”: Detto questo, soffiò e disse loro:” Ricevete lo Spirito Santo…”.

QUARTO MISTERO DELLA GLORIA
Contempliamo Colui che ti ha accolto, o Vergine, in cielo.

Dalla prima lettera di san Paolo ai Corinzi: Ecco, io vi annuncio un mistero: noi tutti non moriremo, ma tutti saremo trasformati, in un istante, in un batter d’occhio…è necessario che questo corpo mortale si vesta d’immortalità.

QUINTO MISTERO DELLA GLORIA
Contempliamo Colui che ti ha incoronato, o Vergine, in cielo.

Dalla prima lettera di San Paolo Apostolo agli Corinzi: Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano.

SALVE REGINA

Salve, Regina, madre di misericordia,
vita, dolcezza e speranza nostra, salve.
A te ricorriamo, esuli figli di Eva;
a te sospiriamo, gementi e piangenti
in questa valle di lacrime.
Orsù dunque, avvocata nostra,
rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi.
E mostraci, dopo questo esilio, Gesù,
il frutto benedetto del tuo Seno.
O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria!


RIFLESSIONI

 

1° maggio – “Io credo, noi crediamo”

Le meditazioni che ci accompagneranno in questo mese di maggio sono tratte dal libro: “Papa Francesco – Io credo, noi crediamo”, dove don Marco Pozza intervista il Papa in merito al Credo. All’inizio Papa Francesco afferma: Quello che noi chiamiamo Credo – la formula della professione della nostra fede, che ripetiamo durante le messe festive – nei primi tempi del cristianesimo era chiamato più comunemente Simbolo della fede. Simbolo che viene dal greco e significa “unire”, “mettere insieme”, non era solo la formula che riassumeva il contenuto della fede, ma anche l’espressione della vita e dell’esperienza che contraddistingueva i cristiani e faceva di loro una cosa sola. Infatti, la fede nel Signore Gesù Cristo unisce sempre gli uomini, fa di noi un solo corpo. Non crediamo in un Dio astratto o immaginario, frutto delle nostre idee o teorie. Noi crediamo nel Dio Padre che Gesù ci ha fatto incontrare e che è amore. E l’amore è sempre unità e conduce verso l’unità. Aver fede in Dio Padre significa accogliere il suo amore, essere uniti a Gesù suo Figlio e fra noi. Avere fede vuol dire scoprirsi amati, per forza dello Spirito Santo, capaci di amare a nostra volta.

(Litanie)

 

2 maggio“La fede: relazione di amore”

Papa Francesco: Purtroppo col pretesto della fede si rifiuta l’altro e si alimentano divisioni; e questo è segno che spesso non si tratta di fede e affidamento fiducioso al Signore, ma semplicemente di nostre idee e credenze che – anche se “verniciate” con uno strato di cristianesimo- non sono fede autentica. La vera fede nel Padre di nostro Signore Gesù Cristo, cementa sempre l’unità, le relazioni, la comunione tra gli uomini che è certo una realtà a volte faticosa, ma per la forza dello Spirito Santo è anche sempre possibile. La fede è proprio relazione di amore e amicizia con il nostro Dio, che è comunione dei Tre nell’amore e tra noi. San Giovanni nella sua prima lettera afferma che non si può dire di amare Dio, che non si vede, se non si ama il fratello che si vede. Allo stesso modo non si può credere in Dio perché si è accolto la sua misericordia gratuita, se non proviamo ad accoglierci sinceramente gli uni gli altri; soprattutto quando le idee o le visioni sono differenti, a volte perfino conflittuali. I cristiani sono certi diversi, ma la fede è sempre una e una sola, perché il criterio della sua verità è la comunione.

(Litanie)

 

3 maggio“La prima verità: Io credo in Dio”

Don Marco Pozza: …in cent’anni, a casa nostra siamo passati dall’appendere l’immagine di Gesù anche nelle stalle, come segno di protezione, a mettere Dio tra virgolette: credo, non credo, perché dovrei credere? A me sembra la storia di un affetto che è venuto un po’ a scemare. Secondo lei, siamo destinati a essere gli ultimi cristiani?

Papa Francesco: Nella storia ci si è posti spesso questa domanda. Ciò che tu dici – che la cultura del tempo allontana l’uomo dalle abitudini della fede – si è ripetuto tante volte. Con le persecuzioni ad esempio: durante l’Impero Romano sembrava che i cristiani sarebbero stati gli ultimi…poi così in tante situazioni nei secoli. C’è sempre stato un processo contro il cristianesimo. È un tentativo – quello di annientarlo, dovuto al fatto che il cristianesimo rappresenta una minaccia: la minaccia del lievito alla farina, al pane che vuole restare azzimo. La storia del cristianesimo è una storia di persecuzioni, di tentativi di annientarlo. E di successi? No, di perseveranza. È vero che il cristianesimo non vive di successi. La verità cristiana è nella perseveranza dei cristiani, una perseveranza contro la mondanità ma nel mondo

(Litanie)

 

4 maggio“In quale Dio crediamo…”

Don Marco Pozza: Il cristiano professa la sua fede con il Credo. Alle volte le persone mi dicono: “Faccio fatica a credere in Dio”. A me viene spontaneo rispondere con una domanda. “Ma a quale Dio fai fatica a credere?” Quanto conta l’immagine di Dio che viene data nell’infanzia e che in seguito si coltiva o si rifiuta?

Papa Francesco: Dipende da quale immagine di Dio facciamo vedere a un bambino: quella del Dio rappresentato a teatro, al circo, quella che emerge in storie meravigliose, quella che assomiglia forse al lupo di Cappuccetto Rosso, che è crudele…Dipende da quale Dio gli facciamo vedere. Noi cristiani, quando pronunciamo il Credo, cominciamo con queste parole: “Io credo in Dio Padre”. Ma poi facciamo vedere al bambino un Dio Padre, un Dio che lo ispiri a vivere da figlio? Me l’hanno ripetuto in un viaggio in Madagascar: la fede vera è quella in Dio Padre.

(Litanie)

 

5 maggio – “Credo in Dio che è amore”

Don Marco Pozza: Quando, professo il Credo con i miei ragazzi in carcere, mi colpiscono le parole “Dio Padre Onnipotente, creatore”, perché viviamo in un mondo orfano della figura del padre, un mondo in cui il male sguazza e l’uomo è diventato la misura di se stesso.

Papa Francesco: Anzitutto voglio dire a ognuno la prima verità: Dio ti ama: Se l’hai già sentito, non importa, voglio ricordartelo: Dio ti ama. Non dubitarne mai, qualunque cosa ti accada nella vita. In qualunque circostanza, sei infinitamente amato. Forse l’esperienza di paternità che hai vissuto non è stata la migliore, il tuo padre terreno forse è stato lontano e assente o, al contrario non è stato il padre di cui avevi bisogno. Non lo so. Però quello che posso dirti con certezza è che puoi gettarti in tutta sicurezza nelle braccia del tuo Padre divino, in quel Dio che ti ha dato la vita e che te la dà in ogni momento. Egli ti sosterrà saldamente e nello stesso tempo, sentirai che rispetta fino in fondo la tua libertà. È un amore “che non si impone e non schiaccia, che non emargina e non mette a tacere e non tace, non umilia e non soggioga. È l’amore del Signore, amore quotidiano, discreto e rispettoso, amore di libertà e per la libertà, amore che guarisce ed eleva. È l’amore del Signore, che sa più di risalite che di cadute, di riconciliazione che di proibizione, di dare nuova opportunità che di condannare, di futuro che di passato.

(Litanie)

 

6 maggio“Seconda verità: Credo in Gesù Cristo…”

Don Marco Pozza: …la nonna, non so se avesse fatto un corso sulla nuova evangelizzazione, ma mi parlò di Dio in una maniera così bella che da allora mi ha contagiato il suo amore. Come possiamo parlare di Dio alla gente che non crede o è indifferente?

Papa Francesco: Come ti parlò tua nonna: concretamente. È lo stesso linguaggio utilizzato da Santa Monica con il figlio Agostino. Lui era un filosofo? Lei pregava e gli parlava con semplicità. E sai questo ricordo ti ha toccato il cuore ed è ancora così vivo in te, tanto che recitando il Credo ti ritorna in mente? Perché tua nonna ti ha trasmesso la fede. E la fede va trasmessa in dialetto, sempre, nella lingua famigliare. Va trasmessa nel linguaggio che è proprio della famiglia, della gente che ti si avvicina con amore, un linguaggio diverso da quello intellettuale. “La Chiesa non cresce per proselitismo: cresce per attrazione” cioè per testimonianza. Ci sono movimenti che sono caduti nel proselitismo, sbagliano, credono che la Chiesa debba crescere numericamente, e tutti debbano seguire gli stessi modi di agire, le stesse discipline pratiche: ma questa è uniformità

(Litanie)

 

7 maggio“L’incarnazione di Cristo…”

Don Marco Pozza: La mia domanda è questa: era necessaria l’incarnazione di Cristo dentro la storia?

Papa Francesco: Solo l’amore del Padre giustifica l’incarnazione di Cristo, Dio si umilia perché è innamorato così tanto della sua opera, l’uomo, così tanto…che non riesce ad allontanarsi da lui. Siamo peccatori, ci deve correggere, alle volte in maniera un po’ forte, ma il suo perdono e la sua misericordia torneranno sempre, perché è bello per lui essere tenero con noi e che noi possiamo riposare in lui. La prima causa della nostra gioia è la vicinanza del Signore, che ci accoglie e ci ama. La vicinanza di Dio comincia con la creazione dell’uomo, con il quale inizia subito a dialogare. Perché non è una cosa magica: Dio crea l’uomo poi lo lascia. No: dialoga con lui. È una cosa umana: si abbassa a dialogare, sia prima del peccato che dopo; poi questo dialogo diventa la storia di un popolo, a cui dice: va, vai avanti!, finché arriva alla pienezza con l’incarnazione. È vero l’incarnazione è uno scandalo per tanta gente. Ma uno scrittore francese, Malegue, diceva questo: per lui il vero scandalo sarebbe stato se Dio non si fosse fatto Cristo.

(Litanie)

 

8 maggio“Discese agli inferi…”

Don Marco Pozza: “Discese agli inferi” Gli inferi per me sono sempre stati un grandissimo mistero. In realtà, ogni persona ha dentro di sé i propri inferi, che assomigliano tanto a degli inferni…nessun punto della mia vita è così lontano da Dio di impedirgli di venire a prendermi per mano e portarmi a casa sua, la casa del Padre.

Papa Francesco: Sulla discesa agli inferi, forse potrebbe parlare meglio di me qualsiasi ragazzo o ragazza della comunità Nuovi Orizzonti. Nella piccola cappella del centro della loro Cittadella Cielo, vicino a Frosinone, campeggia un’icona che rappresenta Gesù che scende agli inferi, prende per mano Adamo e lo risolleva. Questo è il gesto di Gesù: discendere per sollevarci, per rimetterci in piedi. E Dio discende tra gli uomini incarnandosi nella persona di Cristo, (“nacque da Maria Vergine “), patendone tutte le conseguenze (“patì sotto Ponzio Pilato, fu Crocifisso, morì e fu sepolto”) fino all’umiliazione totale: “discese agli inferi” Gesù ci insegna questa strada. Gesù scende agli inferi. E quando vedo cristiani, troppo “puliti”, che ritengono di possedere tutte le verità, l’ortodossia, la vera dottrina, e dicono: bisogna fare così e così, ma sono incapaci di sporcarsi le mani per aiutare qualcuno a sollevarsi; quanto vedo questi cristiani io dico: voi siete cristiani, non siete ancora arrivati al cristianesimo. Sei un uomo che crede in Dio, ha le sue idee sulla redenzione, crede anche a Satana, ma poi si ferma alla porta degli inferi, fa dei calcoli. Se Dio si è sporcato le mani ed è disceso al nostro inferno, ai nostri inferi, anche noi dobbiamo seguire le sue tracce.

(Litanie)

 

9 maggio“Cristo centro della creazione”

Papa Francesco: L’Apostolo Paolo ci offre una visione molto profonda della centralità di Gesù. Ce lo presenta come “il primogenito di tutta la creazione”: in Lui, per mezzo di Lui e in vista di Lui furono create tutte le cose. Dio ha dato a Lui la pienezza, la totalità, perché in Lui siano riconciliate tutte le cose. Signore della creazione, Signore della riconciliazione. Questa immagine ci fa capire che Gesù è il centro della creazione; e pertanto l’atteggiamento richiesto al credente, se vuole essere tale, è quello di riconoscere e di accogliere nella vita questa centralità di Gesù Cristo, nei pensieri, nelle parole e nelle opere. E così i nostri pensieri saranno pensieri cristiani, pensieri di Cristo. Le nostre opere saranno opere cristiane, opere di Cristo. Le nostre parole saranno parole cristiane, parole di Cristo. Oltre a essere centro della creazione è centro della riconciliazione, Cristo è centro del popolo di Dio. Cristo discendente del re Davide, è proprio il “fratello” intorno al quale si costituisce il popolo, che si prende cura del suo popolo, di tutti noi, a costo della sua vita. In Lui noi siamo uno; un solo popolo uniti a Lui, condividiamo un solo cammino, un solo destino. Solamente in Lui, in Lui come centro, abbiamo identità come popolo.

(Litanie)

 

10 maggio“Cristo centro della storia di ogni uomo”

Papa Francesco: e, infine, Cristo è il centro della storia dell’umanità, e anche il centro della storia di ogni uomo. A Lui possiamo riferire le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce di cui è intessuta la nostra vita. Quando Gesù è al centro, anche i momenti più bui della nostra esistenza si illuminano, e ci dà speranza come avviene per il buon ladrone del Vangelo. Mentre tutti gli altri si rivolgono a Gesù con disprezzo, quell’uomo, che ha sbagliato nella vita, alla fine si aggrappa pentito a Gesù Crocifisso implorando: “Ricordati di me, quando entrerai nel tuo regno” Gesù gli promette: “Oggi sarai con me nel Paradiso”; il suo Regno. Gesù pronuncia solo la parola del perdono, non quello della condanna: e quando l’uomo trova il coraggio di chiedere questo perdono, il Signore non lascia mai cadere una simile richiesta. Oggi tutti noi possiamo pensare alla nostra storia, al nostro cammino. Ognuno di noi ha la sua storia, i suoi sbagli, i suoi peccati, i suoi momenti felici e i suoi momenti bui. Ci farà bene…pensare alla nostra storia, e guardare Gesù, e dal cuore ripetergli tante volte, ma con il cuore, in silenzio, ognuno di noi “Ricordati di me, Signore, adesso che sei nel tuo Regno!” Gesù, ricordati di me, perché io ho voglia di diventare buono, ma non ho la forza, non posso: sono peccatore. Ma ricordati di me, Gesù! Tu puoi ricordarti di me, perché tu sei al centro, Tu sei nel tuo Regno. La promessa di Gesù al buon ladrone ci dà una grande speranza: ci dice che la grazia di Dio è sempre più abbondante della preghiera che l’ha domandata. Il Signore dona sempre di più di quanto gli si domanda.

(Litanie)

 

11 maggio“Terza verità: Credo nello Spirito Santo”

Don Marco Pozza: È questo il compito dello Spirito Santo? Soffiare sulla vergogna per ridestare il fuoco sacro che abita dentro l’uomo?

Papa Francesco: È uno dei compiti. Ma lo Spirito Santo com’è? Che gesti compie? Che faccia ha? Dello Spirito Santo noi conosciamo i doni. Egli è il dono. Ma come sia lo Spirito Santo non lo sappiamo. Sappiamo che è colui che compie l’unione del Padre con il Figlio, come dicono i teologi, e fa udire la Parola del Padre, perché “ha parlato per mezzo dei profeti”. Egli è l’essere divino che dà i doni, e uno di questi è il suo soffio per far crescere la Chiesa. Un altro dono che mi piace tanto e che tocca la Chiesa nel suo essere più profondo è la pluriformità. Essa è un dono dello Spirito, perché lo Spirito è l’autore della diversità nella Chiesa, “siamo infatti diversi l’uno dall’altro”. Ma egli è anche l’autore dell’unità. Dalla diversità lo Spirito crea l’unità, l’armonia. A questo proposito Massimo il Confessore dice più o meno: la differenza deve essere mantenuta, perché è buona, la divisione è una perversione della differenza ed è cattiva.

(Litanie)

 

12 maggio“Spirito Santo: presenza che cambia la storia

Don Marco Pozza: Lei dice che la Chiesa non è una ONG (cioè un’organizzazione caritativa); però è anche vero che certe esperienze di solidarietà della Chiesa, ispirate dallo Spirito Santo, la rendono più credibile di fronte al mondo. Qual è il giusto rapporto per non diventare una ONG, ma essere al tempo stesso una presenza che cambia concretamente la storia.

Papa Francesco: È lo stesso rapporto che c’è tra la radice, l’albero, i fiori e il frutto: l’insieme. Il frutto di una ONG, per esempio, non sarà attraente ecclesialmente se non ha radici, cioè senza la Tradizione, nel senso di “tradizione vivente del popolo”. Sant’Ireneo di Lione diceva che i cristiani, pur provenendo da varie regioni e culture, “poiché hanno la salda tradizione che viene dagli Apostoli, donandoci di vedere la sola e unica fede che c’è fra tutti, hanno accolto il solo e medesimo Padre, credono alla medesima economia dell’incarnazione del Figlio di Dio, conoscono la medesima donazione dello Spirito, mediante i medesimi comandamenti. Chi ti ha parlato del “desiderio”, tua nonna, certamente non aveva studiato all’Università Gregoriana, come te…ma sapeva trasmettere la Tradizione. Una ONG  è cristiana se è come il frutto di un albero, che è unito alle foglie, ai rami, al tronco e alla radice, è il frutto di tutto l’insieme. A un ragazzo che mi chiedeva: vorrei trasmettere la fede ad altri coetanei, ma non so con quali parole: cosa devo dire loro? Gli ho risposto: L’ultima cosa che devi fare è parlare, vivi e saranno loro a chiederti: perché vivi così? Questa è la testimonianza della fede.

(Litanie)

 

13 maggio“Lo” Spirito santo costruisce l’unità”

Papa Francesco: La vicenda degli Apostoli, che sembrava al capolinea, viene insomma rinnovata dalla giovinezza dello Spirito: quei giovani sono stati trasformati da una gioia che li ha fatti rinascere. Lo Spirito Santo ha fatto questo. Lo Spirito non è, come potrebbe sembrare, una cosa astratta; è la Persona più concreta, più vicina, quella che ci cambia la vita. Come fa? Guardiamo gli Apostoli. Lo Spirito non ha reso loro le cose più facili, non ha fatto miracoli spettacolari, non ha tolto di mezzo problemi e oppositori, ma ha portato nelle vite dei discepoli un’armonia che mancava, la sua, perché Egli è armonia. Armonia dentro l’uomo. Dentro, nel cuore, i discepoli avevano bisogno di essere cambiati. La loro storia ci dice che persino vedere il Risorto non basta, se non lo si accoglie nel cuore. Non serve sapere che il Risorto è vivo se non si vive da risorti. Ed è lo Spirito che fa vivere e rivivere Gesù in noi, che ci risuscita dentro. Lo Spirito non porta armonia solo dentro, ma anche fuori, tra gli uomini. Ci fa Chiesa, compone diversi in unico edificio armonico. Siamo diversi, nella varietà delle qualità e del dono. Lo Spirito li distribuisce con fantasia, senza appiattire, senza omologare. E a partire da queste diversità, costruisce l’unità. Abbiamo bisogno dello Spirito di unità, che ci rigeneri come Chiesa, come popolo di Dio, e come umanità intera. Senza lo Spirito, Gesù rimane un personaggio del passato, con lo Spirito è persona viva oggi; senza lo Spirito la Scrittura è lettera morta, con lo Spirito è Parola di vita. Un cristianesimo senza lo Spirito è un moralismo senza gioia; con lo Spirito è vita.

(Litanie)

 

14 maggio“Quarta verità: Credo la Santa Chiesa Cattolica”

Don Marco Pozza: La professione di fede continua: “Credo la Santa Chiesa Cattolica”. Non c’è il rischio, quando si parla di Chiesa, di difendere il simbolo ma dimenticare il contenuto? Di difendere le pietre, ma scordare le persone?

Papa Francesco: Questo è un rischio, ma lo è anche difendere un’organizzazione, un modo di organizzare la chiesa tipico di un certo tempo. L’essenziale dell’organizzazione della Chiesa sono i sacramenti istituiti da Gesù: il Battesimo, la Confermazione, L’Eucarestia, sacramenti dell’iniziazione cristiana; la Penitenza e l’Unzione degli infermi, sacramenti della guarigione, e infine l’Ordine e il Matrimonio, sacramenti del servizio alla comunità e della missione dei fedeli. Questo è il modo di organizzare la Chiesa. Altre modalità di organizzazione, più o mene chiuse allo Spirito, non sono ecclesiali. Potremmo dire “ecclesiastiche”, ma non ecclesiali. Rileggendo la storia della Chiesa, vediamo che ci sono stati anche scandali, errori in cui la Chiesa è caduta per essersi organizzata male. Questa è la Chiesa: “Meretrice e casta” la chiamavano i primi Padri. Santa in sé stessa, ma madre di peccatori. San Giovanni Paolo II ha spiegato: La Chiesa è santa perché il Cristo ne è il Capo e lo Sposo, lo Spirito Santo ne è l’anima vivificante, la Vergina Maria e i Santi ne sono la manifestazione più autentica. I figli della Chiesa, tuttavia, conoscono l’esperienza del peccato, le cui ombre si riflettono su di essa oscurandone la bellezza.

(Litanie)

 

15 maggio – “La Chiesa è una…”

Papa Francesco: La Chiesa Cattolica sparsa nel mondo “Ha una sola fede, una sola vita sacramentale, un’unica successione apostolica, una comune speranza, la stessa carità”. Unità nella fede, nella speranza, nella carità, unità nei sacramenti, nel ministero: sono come i pilastri che sorreggono e tengono insieme l’unico e grande edificio della Chiesa. Dovunque andiamo, anche nella più lontana parrocchia, nell’angolo più sperduto di questa terra, c’è l’unica Chiesa, noi siamo a casa, siamo in famiglia, siamo tra fratelli e sorelle. La Chiesa è una sola per tutti. San Paolo scrive, un solo corpo, quello di Cristo che riceviamo nell’Eucarestia, un solo Spirito, lo Spirito Santo che anima e continuamente ricrea la Chiesa, una sola speranza, la vita eterna; una sola fede, un solo Battesimo, un solo Dio, Padre di tutti. La ricchezza di ciò che ci unisce. E questa è una vera ricchezza: ciò che ci unisce e non ciò che ci divide. Ognuno si chieda oggi: faccio crescere l’unità in famiglia, in parrocchia, in comunità, o sono un chiacchierone, una chiacchierona? Sono motivo di divisione, di disagio? Ma voi non sapete il male che fanno alla Chiesa, alle parrocchie, alle comunità le chiacchiere! Le chiacchiere feriscono. Chiediamo al Signore: Signore donaci di essere sempre più uniti, di non essere mai strumenti di divisione.

(Litanie)

 

16 maggio“Quinta verità: Credo la Comunione dei Santi”.

Don Marco Pozza: La quinta verità, Papa Francesco, è tra le più consolanti della nostra fede: “Credo la Comunione dei Santi”. Uno dei quattro punti che il teologo Congar individua per non rompere con la Chiesa è la “comunione”. Come si fa a legare l’esigenza della comunione con quella della missione? Don Tonino Bello affermava che non c’è fedeltà senza rischio. Come si fa a non creare strappi all’interno della Chiesa? Penso a don Milani, a don Mazzolari, allo stesso Congar, che hanno molto sofferto per la Chiesa, ma anche a causa della Chiesa…

Papa Francesco: Dopo aver professato la fede nella “Santa Chiesa Cattolica”, nel Credo aggiungiamo la comunione dei Santi. Questo articolo è. Per certi aspetti, una esplicitazione del precedente: che cosa è la Chiesa se non l’assemblea di tutti i Santi. Romano Gardini, teologo di origini italiane, dice che essere cristiani significa scoprire che Cristo stesso vive in noi. Ma questo stesso Cristo, aggiunge, che io spero sia in me, vive anche nell’altro che è là, e in quella terza e quarta persona e in tutte quelle che credono in lui. Noi formiamo la famiglia dei figli di Dio, tra i quali Cristo appare come il “primogenito tra molti fratelli”. L’espressione più pura di questa comunanza è il Padre Nostro. Qui si parla il “noi” cristiano. I figli di Dio, condotti dal loro Fratello Maggiore, si rivolgono al Padre comune.

(Litanie)

 

17 maggio“Dio ci fa crescere nella libertà…”

Papa Francesco: Ma torniamo ora alla tua famiglia: se ti avessero costretto a fare certe scelte, dicendo: “devi…devi…”, oggi non saresti qui, vero? Perché non saresti stato capace di rischiare, ma l’hai fatto, e la tua famiglia te l’ha consentito. Aiutare una persona a crescere significa aiutarla a crescere nella libertà, e per essere liberi occorre rischiare. Per costruire l’unità della famiglia, alle volte è necessario vivere qualche avventura da “figliol prodigo”; non dico sempre, ma almeno qualche volta occorre rischiare, andare oltre…No, non voglio dire che per essere un buon cristiano sia necessario peccare. Se dicessi così, mentirei. Ma Dio, che ci ama, non ci toglie la libertà. Dio ci fa crescere con la libertà sempre. E anche la Chiesa cresce, così.  Si capisce, allora, perché nella Chiesa ci siano il peccato e gli scandali: perché alcuni rischiano peccando, e vengono sconfitti. E come quando si oltrepassa un torrente di montagna da una sponda all’altra: occorre mettere un piede su una pietra, poi, una volta certi di non scivolare, si poggia l’altro sulla pietra successiva, e così via. Ma il rischio di scivolare c’è sempre. Per questa è preziosa la comunione di Santi, cioè l’intercessione di questi amici e modelli di vita” che ci sostengono verso la piena comunione con Dio

(Litanie)

 

18 maggio“Chiesa istituzione e carisma…”

Don Marco Pozza: Nella Chiesa ci sono due grandi estremi, l’istituzione e il carisma. All’istituzione viene chiesto di salvaguardare la tradizione, alla periferia di provocare l’istituzione…pensiamo a Francesco d’Assisi, a Teresina del Bambin Gesù, a Caterina da Siena…tante volte la provocazione alla santità arriva dagli estremi.

Papa Francesco: Non c’è Chiesa senza istituzione, perché Gesù l’ha edificata sui sacramenti. Che sono istituzionali, e non c’è Chiesa senza carisma, perché Gesù ha voluto che ci fosse lo Spirito a portarla avanti. Tu hai usato più volte la parola tradizione. La tradizione non è il culto delle ceneri, ma la custodia del fuoco. Alle volte pensiamo che custodire la tradizione significa costruire un museo, un museo delle cose, e la Chiesa diventa un museo. No, la Tradizione è viva, non una collezione di cose, riti…è viva. E cresce, deve crescere, come la radice fa crescere l’albero perché dia fiori e frutti. C’è una bellissima immagine proposta da Benedetto XVI, che riferendosi alla Tradizione della Chiesa afferma: non è trasmissione di cose o di parole. La Tradizione è il fiume vivo che ci collega alle origini, il fiume vivo nel quale le origini sono presenti. Allo stesso modo crescono anche le verità della Chiesa. Pensa ad esempio alla schiavitù, alla pena di morte,…un tempo ritenute cose normali, ma poi la Chiesa ha riflettuto e capito e ammesso di aver sbagliato. Non vi può essere crescita senza tradizione, ma nei suoi confronti non dobbiamo essere come il “custode delle ceneri” o il “collezionista di cose antiche”. Un monaco del V secolo affermava che il dogma della religione cristiana cresce seguendo tre criteri: consolidandosi negli anni, sviluppandosi nel tempo, approfondendosi con l’età. La Chiesa non è un laboratorio di archeologia.

(Litanie)

 

19 maggio – “La fede ha bisogno del sostegno degli altri”

Papa Francesco: Un aspetto della comunione dei Santi vorrei sottolineare: la nostra fede ha bisogno del sostegno degli altri, specialmente nei momenti difficili. Se noi siamo uniti la fede diventa forte. Quanto è bello sostenerci gli uni gli altri nell’avventura meravigliosa della Fede! Dico questo perché la tendenza a chiudersi nel privato ha influenzato anche l’ambito religioso, così molte volte si fa fatica a chiedere l’aiuto spirituale di quanti condividono con noi l’esperienza cristiana. In questa comunione – comunione vuol dire “comune unione” – siamo una grande famiglia, dove tutti i componenti si aiutano e sostengono fra loro. Altro aspetto: la comunione dei santi va al di là della vita terrena, va oltre la morte e dura per sempre. E’ un unione spirituale che nasce dal Battesimo e non viene spezzata dalla morte, ma, grazie a Cristo risorto, è destinata a trovare la sua pienezza nella vita eterna. C’è un legame indissolubile tra noi, ancora pellegrini su questa terra e coloro che hanno varcato la soglia della morte per entrare nell’eternità, formiamo una sola grande famiglia. Questa comunione tra cielo e terra si realizza specialmente nella preghiera di intercessione. Andiamo per questo cammino con fiducia, con gioia. Un cristiano deve essere gioioso, con la gioia di avere tanti fratelli battezzati che camminano con lui; sostenuto dall’aiuto dei fratelli e sorelle che fanno questa strada per andare al cielo; e anche con l’aiuto dei fratelli e sorelle che sono in cielo e pregano Gesù per noi. Avanti per questa strada con gioia!

(Litanie)

 

20 maggio“Sesta verità: Credo la remissione dei peccati”

Don Marco Pozza: La sesta verità afferma “Credo la remissione dei peccati” Alla domenica tutti lo diciamo, però finché rimane una teoria, bene, ma quando si tratta di perdonare chi ha sbagliato, la sfida diventa difficile.

Papa Francesco: Il perdono è il segno più visibile dell’amore del Padre, che Gesù ha voluto rivelare in tutta la sua vita. Non c’è pagina del Vangelo che possa essere sottratto a questo imperativo dell’amore che giunge fino al perdono. Perfino nel momento ultimo della sua esistenza terrena, mentre viene inchiodato sulla croce, Gesù ha parola di perdono: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Niente di quanto un peccatore pentito pone dinanzi alla misericordia di Dio può rimanere senza l’abbraccio del perdono. Solo Dio perdona i peccati, ma chiede anche a noi di essere pronti al perdono verso gli altri, così come Lui perdona i nostri: “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”. Quanta tristezza quando rimaniamo chiusi in noi stessi e incapaci di perdonare| Prendono il sopravvento il rancore, la rabbia, la vendetta, rendendo la vita infelice e vanificando l’impegno gioioso per la misericordia. Questa è la grandezza di Dio: Egli ci offre un dono, ma vuole che noi lo doniamo a nostra volta.

(Litanie)

 

21 maggio“Questo è il tempo della misericordia”

Papa Francesco: La misericordia, infatti, non può essere una parentesi nella vita della Chiesa, ma costituisce la sua stessa esistenza, che rende manifesta e tangibile la verità profonda del Vangelo. Tutto si rivela nella misericordia; tutto si risolve nell’amore misericordioso del Padre. La misericordia è l’azione concreta dell’amore che, perdonando, trasforma e cambia la vita. Dio è misericordioso, la sua misericordia dura in eterno, di generazione in generazione abbraccia ogni persona che confida in Lui e la trasforma, dandole la sua stessa vita. La Bibbia è il grande racconto che narra le meraviglie della misericordia di Dio. Ogni pagina è intrisa dell’amore del Padre che fin dalla creazione ha voluto imprimere nell’universo i segni del suo amore. Lo Spirito Santo, attraverso le parole dei profeti e gli scritti sapienziali, ha plasmato la storia di Israele nel riconoscimento della tenerezza e della vicinanza di Dio, nonostante l’infedeltà del popolo. La vita di Gesù e la sua predicazione seguono in modo determinante la storia della comunità cristiana, che ha compreso la propria missione sulla base del mandato di Cristo di essere strumento permanente della sua misericordia e del suo perdono. Nel sacramento del Perdono Dio mostra la via della conversione a Lui, e invita a sperimentare di nuovo la sua vicinanza, È un perdono che può essere ottenuto iniziando, innanzi tutto, a vivere la carità. Lo ricorda l’Apostolo Pietro quando scrive che “L’amore copre una moltitudine di peccati”.

(Litanie)

 

22 maggio“Settima verità: Credo la resurrezione della carne”

Don Marco Pozza: La settima verità, Papa Francesco, è forse la più grande e difficile da comprendere: “Credo la resurrezione delle carne”. Tanti, pur dicendosi cristiani, hanno dubbi sul fatto che un giorno risorgeranno.

Papa Francesco: Noi seppelliamo i nostri morti, preghiamo per loro, ma poi crediamo davvero alla resurrezione? San Paolo usa parole forti: “Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede”. Se la tua fede è viva, come quella che tua nonna ti ha trasmesso, perché credeva nella resurrezione e adesso, in virtù della sua fede, è viva e contempla Dio, domandaglielo ora, chiedile se è vero: ti risponderà. Possiamo parlare con i nostri defunti, possiamo domandare loro: dove sei? Perché essi sono già in Dio, membra del corpo di risorto di Cristo: e poi vi sarà la resurrezione universale, per tutti. Tertulliano dice che “la resurrezione dei morti è la fede dei cristiani: credendo in essa siamo cristiani.” Un tempo la Chiesa vietava la cremazione, perché i nemici della Chiesa pensavano che bruciando i corpi non ci sarebbe stata la resurrezione. Non si tratta di un problema fisico e una questione di carne spirituale, della carne trasfigurata. Li la carne sarà “in corpo e anima”. Per il momento i nostri che sono andati di là partecipano al corpo di Cristo e sono vivi. Cirillo di Alessandria parla, a proposito della surrezione, che è già cominciata nel Battesimo, di una “rifioritura”. Siamo rifioriti alla vita, all’immortalità, perché abbiamo come radice la vita, cioè Cristo. E come egli è la vita e noi siamo i tralci uniti a Lui per la comunione dello Spirito; così Egli è anche virgulto, germoglio, o nascita, oriente, e noi su di Lui abbiamo germogliato, siamo rifioriti.

(Litanie)

 

23 maggio – “In cammino verso la resurrezione.

Papa Francesco: Oggi ritorno sull’affermazione: “Credo la resurrezione della carne”. Si tratta di una verità non semplice e tutt’altro che ovvia, perché, vivendo immersi in questo mondo, non è facile comprendere le realtà future. Ma il Vangelo ci illumina: la nostra resurrezione è strettamente legata alla resurrezione di Gesù; il fatto che Egli è risorto è la prova che esista la resurrezione dei morti. Ricordiamolo sempre: siamo discepoli di colui che è venuto, viene ogni giorno e verrà alla fine. Se riuscissimo ad avere più presente questa realtà, saremmo meno affaticati dal quotidiano, meno prigionieri dell’effimero e più predisposti a camminare con cuore misericordioso sulla via della salvezza. Se è vero che Gesù ci risusciterà alla fine dei tempi, è anche vero che, per un certo aspetto, con Lui siamo già risuscitati. La vita eterna comincia già in questo mondo, incomincia durante tutta la vita, che è orientata verso quel momento della resurrezione finale. E già siamo risuscitati, infatti, mediante il Battesimo, siamo inseriti nella morte e resurrezione di Cristo e partecipiamo alla vita nuova, che è la sua vita. Per questo anche il corpo di ciascuno di noi è risonanza di eternità, quindi va rispettato; e soprattutto va rispettata e amata la vita di quanti soffrono, perché sentano la vicinanza del Regno di Dio, di quella condizione di vita eterna verso la quale camminiamo. Questo pensiero ci dà speranza: siamo in cammino verso la resurrezione. Vedere Gesù, incontrare Gesù: questa è la nostra gioia. Saremo tutti insieme, gioiosi con Gesù. Questo è il nostro destino. Ma voi credete che Gesù è vivo? E se Gesù è vivo, voi pensate che ci lascerà morire e non ci risusciterà? No! Lui ci aspetta, e perché Lui è risorto, la forza della sua resurrezione risusciterà anche noi.

(Litanie)

 

24 maggio “Ottava verità: Credo la vita eterna”

Don Marco Pozza: Siamo arrivati all’ultima grande verità, quella per la quale ogni cristiano pensa valga la pena credere: “Credo la vita eterna”. In chi crede, ma anche in chi non crede, c’è un grande desiderio che non finisca tutto qui, al termine dell’esistenza umana. Il cristianesimo ci insegna che qui – in questa vita- ci “giochiamo” l’eternità, e che poi arriveremo al giorno in cui ci sarà il giudizio. Ma che tipo di giudizio sarà a quello che ci aspetta?

Papa Francesco: Non lo so…perché non ho partecipato alla prova del giudizio universale. Se devo pensare a come sarà il giudizio mi viene in mente…un abbraccio. Il Signore mi stringerà e mi dirà: qui sei stato fedele, qui non molto; ma vieni, facciamo festa perché sei arrivato. Egli perdonerà gli sbagli che ho commesso – ne sono sicuro – perché ha un difetto; Dio è “difettoso”, “zoppica”: non può non perdonare. È la “malattia” della misericordia. Se ci presentiamo a Lui con gli occhi bassi, con umiltà: questo basta. Io non penso al giudizio universale come a un bilancio: ma guarda cosa ho fatto, ho fatto questo e quello. Immagino il momento in cui, nel tramonto della vita, mi avvicinerò a Dio, sedotto da quella bellezza, con animo umiliato, la testa china; immagino il suo abbraccio e il mio sguardo si solleverà verso lui. Non oserei guardarlo senza prima aver ricevuto il suo abbraccio. Non so, io penso che il giudizio sarà così

(Litanie)

 

25 maggio – “Dio ammalato di misericordia”.

Don Marco Pozza: Mi viene in mente un’immagine. Il giorno del giudizio si aprono due strade: il paradiso o l’inferno. “Corpo e anima, o saranno due mani giunte in eterna adorazione, o due polsi ammanettati per una cattività eterna” (Charles Peguj) Come sarà il Paradiso? Chi lo abiterà?

Papa Francesco: Il Paradiso non è un posto, è uno stato di vita e di contemplazione. Vivere il Paradiso significa contemplare Dio, la Madonna, le persone che vi sono già arrivate, nella pace.

Don Marco Pozza: Ma davvero per entrare basterà aver dato un bicchiere d’acqua a chi aveva sete.

Papa Francesco: Penso di sì, perché quelli di Dio sono bilanci non in pareggio: lui offre molto di più di quanto noi siamo capaci di dare.

Don Marco Pozza. Dio ha uno strano consiglio di amministrazione per il giudizio finale.

Papa Francesco: Egli usa criteri di giudizio diversi dai nostri perché è ammalato di misericordia. Questo non lo dico per incoraggiare la gente a peccare – no – ma perché lo sappia e si commuova al pensiero di avere un Dio così grande, così buono. Mi piace pensare a mio Padre così, come quello della parabola del figlio prodigo che ha visto il figlio arrivare da lontano. Tutti i giorni saliva sul terrazzo per vedere sé stesse tornando. Così è il nostro Padre.

(Litanie)

 

26 maggio“Maria e la vita eterna”

Don Marco Pozza: Che ruolo ha Maria nel Paradiso”

Papa Francesco: In Calabria, ricca di agrumeti, esiste una devozione alla Madonna dei mandarini, conosciuta anche come la Madonna dei ladri e dei briganti, perché apre loro le porte del Paradiso. La tradizione racconta che alla loro morte anche i ladri si mettono in fila davanti a San Pietro, che apre la porta del Paradiso a quanti meritano di passare. La Madonna, quando li vede, fa loro segno di nascondersi e di notte, una volta che sono passati tutti e San Pietro ha chiuso a porta, li chiama a uno a uno e li fa entrare dalla finestra, È un racconto popolare, ma molto bello.

Don Marco Pozza: È l’intercessione di Maria…

Papa Francesco: È la sua intercessione. E quando di notte apre la finestra, al buio, li fa entrare di nascosto. E sempre Maria che, a Cana, alle parole del Figlio: “Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora “ha detto ai servi”: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” Quello che ha fatto a Cana lo ripete ancora adesso, quando a suo Figlio parla di noi, di ognuno di noi. Quando noi la invochiamo lei intercede per noi presso il Figlio. Lei non può fare nulla, può soltanto parlare al Figlio, come ha fatto a Cana.

(Litanie)

 

27 maggio – “Nessuno è predestinato da Dio all’inferno…”

Don Marco Pozza: All’opposto del Paradiso c’è l’Inferno. Una cosa è certa: nessuno è predestinato da Dio all’inferno; va all’inferno chi rifiuta l’amore di Dio: è il peccato contro lo Spirito Santo, che non sarà mai perdonato. Questa è certezza. E la seconda è che nell’inferno, almeno una persona c’è, ed è Lucifero…tutto il resto è misericordia di Dio.

Papa Francesco: Noi non sappiamo. Vi sono alcuni, e tra questi anche tanti personaggi storici, che fino alla fine sono rimasti chiusi all’amore di Dio. Ma noi non possiamo mai sapere, perché Dio è ammalato di misericordia. E’ anche giusto, d’altra parte, che Egli non possa fare nulla se non gli si apre il cuore. Se uno nella vita si è preso il “vaccino” contro la misericordia di Dio, è finita. C’è un racconto popolare, secondo cui Giuda, prima di impiccarsi sarebbe andato a cercare la Madonna, senza trovarla. Mi piace pensare che sia avvenuto così. Perché questo mi dà la fiducia di avere una madre. Questa è una delicatezza di Dio: la madre. Tante volte, nei momenti difficili della vita, andiamo dalla mamma, piuttosto che dal papà – di cui forse abbiamo timore – e pur non dicendole come sono andate veramente le cose, lei capisce. Occorre tornare alla tenerezza. Dio è più di una madre. Ammalato di misericordia, lo è anche di “debolezza”: la tenerezza di madre è una debolezza, e Maria è il simbolo della tenerezza di Dio; è la madre che ci aiuta e ci porta con tenerezza a Dio. Lasciati carezzare dalla Madonna, è tua madre, pregala, guardala, lasciati guardare da lei. Ti farà entrare in Paradiso. Ma non come il racconto della Madonna dei mandarini, ti farà entrare da madre.

(Litanie)

 

28 maggio“Nel Purgatorio c’è speranza…”

Don Marco Pozza: Il Purgatori mi incuriosisce molto. Le confesso che solamente in questi ultimi anni ho capito che il purgatorio non ha niente a che fare con l’inferno. Nel purgatorio vi sono quelli che già intravedono il volto di Dio, sono già sulla sua rotta, sulla strada di casa, ma manca loro ancora qualcosa per ottenere la santità che è necessaria in paradiso. Nel purgatorio c’è speranza?

Papa Francesco: Certo che c’è speranza; papa Benedetto XVI, grande teologo, ha descritto bene il purgatorio, ha spiegato che si tratta di un cammino – di un itinerario di purificazione nell’amore – che avviene in una condizione ancora provvisoria, nel passaggio dalla morte fisica alla visione beata di Dio e all’eternità. È vero che Gesù parla dell’inferno, del fuoco, ma si tratta del fuoco della disperazione di coloro che hanno respinto Dio, che non lo vogliono, del fuoco dell’odio, del fuoco di Satana. È l’odio della bestemmia che ti brucia. Poi però c’è anche il fuoco della purificazione.

(Litanie)

 

29 maggio – “Essere testimoni del Credo che professiamo”

Don Marco Pozza: Mi è rimasta impressa una frase scritta su un muretto, diceva così: Con Dio non ho nessun problema, ho grossi problemi con il fan club. Probabilmente per “fan club”, in modo ironico, chi l’ha scritto intendeva la Chiesa. Ignazio Silone diceva: “Sono stanco di stare con gente che dice di aspettare il ritorno di Cristo e la resurrezione dai morti con la stessa indifferenza con cui aspetta il tram”. Le chiedo: cosa possiamo fare per risvegliare il fuoco di quella attrazione, per far respirare Cristo dentro la sua Chiesa?

Papa Francesco: Questa domanda mi fa ricordare un film che ho visto tanti anni fa, la storia di un delinquente che aveva un prete come amico e alla fine diceva: c’è differenza tra la canzone e il cantante, si deve scegliere. Applicando questa frase al nostro discorso, se chi canta è una persona coerente, che da testimonianza, fa crescere la fede in chi l’ascolta. Ma se il cantante canta a vanvera – tanto per cantare- e la sua vita va in un’altra direzione, la fede non viene trasmessa, non cresce. Il dialetto nel quale la fede è trasmessa è il dialetto della testimonianza, della coerenza. Quando non c’è coerenza, quando un cristiano non da testimonianza, quando noi preti, vescovi, non diamo testimonianza, la gente si allontana. Ci deve essere coerenza fra la canzone e il cantante.

Don Marco Pozza: Grazie, Papa Francesco, perché continui a confermare me, la mia gente e tutto il mondo della fede.

(Litanie)

 

30 maggio – “Credo la resurrezione dei viventi”

Questa sera leggeremo una testimonianza, di don Marco Pozza, sul servizio che Chiara che svolge nel carcere maschile di Padova, dove lui svolge il ministero sacerdotale.

Chiara è una donna-salvavita. È una donna in un mondo di maschi fabbricatori di male: “A trent’anni mi sono chiesta chi fosse quel Dio che pregavo: “Credo in un solo Dio, Padre Onnipotente, in Gesù Cristo, nello Spirito Santo”. Capivo che non avevo gli strumenti giusti per farmi questa domanda: non avevo nemmeno indicazioni per trovare una risposta. Così ho iniziato a studiare teologia. Più che risposte ho trovato delle domande nuove, più pertinenti. Al dolore ci si avvicina solo con mani delicate, pudore nello sguardo, un’aggiunta di cuore. Dopo averlo studiato, un giorno tornai a disturbarlo: Adesso che so come ti chiami, dimmi dove ti posso trovare. Il carcere è stata la sua risposta. Una sorta di annunciazione alla mia ricerca. Nella terra della colpa, Dio risponde. Nella mia parrocchia non trovavo il mio posto: mi mancava la curiosità degli uomini di scoprire il loro Dio. Così sono arrivata qui, nella terra apparentemente di nessuno. Terra dove il diavolo si maschera dietro le facce di uomini urlanti, cenciosi. Arrivata in carcere, gli ho chiesto: “Adesso dimmi se sei stato tu ad avermi mandato qui, aiutami a capire perché proprio qui”. Dio, nelle tenebre, è sfolgorante: “Mi rispecchio nell’ombra che questi uomini lasciano al loro passaggio” Cercare di recuperare ciò che era perduto, che gli uomini hanno già scartato, scommettere sulla bontà presente in ognuno, sfidare l’oscurità a colpi di amore: “Prima di incontrare questa gente, avevo vissuto Dio come fosse una storia che riguardava sempre un altro all’infuori di me. Qui, invece, Dio è Dio,: è il Dio dei viventi. “Un Dio che ha un significato per la vita dell’uomo”. Allora, Chiara, cosa pensa Dio tutto il giorno? Dio pensa l’uomo, don Marco. Dio pensa questi uomini. “Felice colpa, che meritò di avere così grande redentore”; abbiamo proclamato nella veglia pasquale, questa notte. Buona Pasqua Chiara! Buona Pasqua, don Marco, Dio pensa all’uomo!

(Litanie)

 

31 maggioConclusione del mese di maggio in parrocchia, tutti siamo invitati.

 


LITANIE LAURETANE  

Signore, pietà
Cristo, pietà
Signore, pietà.

Santa Maria, prega per noi
Santa Madre di Dio, prega per noi
Santa Vergine delle vergini, prega per noi
Madre di Cristo, prega per noi
Madre della Chiesa, prega per noi
Madre della misericordia, prega per noi
Madre della divina grazia, prega per noi

Madre della Speranza, prega per noi
Madre purissima, prega per noi
Madre castissima, prega per noi
Madre sempre vergine, prega per noi
Madre immacolata, prega per noi
Madre degna d’amore, prega per noi
Madre ammirabile, prega per noi
Madre del Buon Consiglio, prega per noi
Madre del Creatore, prega per noi
Madre del Salvatore, prega per noi
Madre di misericordia, prega per noi
Vergine prudentissima, prega per noi
Vergine degna di onore, prega per noi
Vergine degna di ogni lode, prega per noi
Vergine potente, prega per noi
Vergine clemente, prega per noi
Vergine fedele, prega per noi
Specchio della santità divina, prega per noi
Sede della Sapienza, prega per noi
Causa della nostra letizia, prega per noi
Tempio dello Spirito Santo, prega per noi
Tabernacolo dell’eterna gloria, prega per noi
Dimora tutta consacrata a Dio, prega per noi
Rosa mistica, prega per noi
Torre di Davide, prega per noi
Torre d’avorio, prega per noi
Casa d’oro, prega per noi
Arca dell’alleanza, prega per noi
Porta del cielo, prega per noi
Stella del mattino, prega per noi
Salute degli infermi, prega per noi
Rifugio dei peccatori, prega per noi
Conforto dei migranti, prega per noi
Consolatrice degli afflitti, prega per noi
Aiuto dei cristiani, prega per noi
Regina degli Angeli, prega per noi
Regina dei Patriarchi, prega per noi
Regina dei Profeti, prega per noi
Regina degli Apostoli, prega per noi
Regina dei Martiri, prega per noi
Regina dei Testimoni della fede, prega per noi
Regina delle Vergini, prega per noi
Regina di tutti i Santi, prega per noi
Regina concepita senza peccato originale, prega per noi
Regina assunta in cielo, prega per noi
Regina del santo Rosario, prega per noi
Regina della famiglia, prega per noi
Regina della pace, prega per noi.

Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, perdonaci, Signore.
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, ascoltaci, Signore.
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.

Prega per noi, santa Madre di Dio
e saremo resi degni delle promesse di Cristo

Preghiamo: Padre santo, che nel cammino della Chiesa hai posto quale segno luminoso la Beata Vergine Maria, per sua intercessione sostieni la nostra fede e ravviva la nostra speranza, perché condotti dall’amore, camminiamo intrepidi sulla via del Vangelo. Per Cristo nostro Signore.

Amen

 


oppure: ALTRE INVOCAZIONI A MARIA

Signore, pietà. Signore, pietà.
Cristo, pietà. Cristo, pietà.
Signore, pietà. Signore, pietà.

Santa Maria, prega per noi
Santa Maria, Madre nostra, prega per noi
Santa Maria, fiducia nostra, prega per noi
Santa Maria, porto di salvezza, prega per noi
Santa Maria, fonte della fede, prega per noi
Santa Maria, sostegno della speranza, prega per noi
Santa Maria, sorgente dell’amore, prega per noi
Santa Maria, fiducia di chi spera in te, prega per noi
Santa Maria, salvezza di chi si rifugia in te, prega per noi
Santa Maria, fortezza di chi confida in te, prega per noi
Santa Maria, sostegno dei deboli, prega per noi
Santa Maria, veniamo a te nel dolore, prega per noi
Santa Maria, ricorriamo a te nelle tribolazioni, prega per noi
Santa Maria, imploriamo il tuo aiuto, prega per noi
Santa Maria, ti preghiamo con fiducia, prega per noi
Santa Maria, ti supplichiamo con umiltà, prega per noi
Santa Maria, ti invochiamo nella sofferenza, prega per noi
Santa Maria, perché Cristo ci esaudisca, prega per noi
Santa Maria, perché Cristo accolga il nostro pregare, prega per noi
Santa Maria, perché Cristo ci doni la pace, prega per noi

Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, perdonaci, Signore.
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, ascoltaci, Signore.
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.

Prega per noi, santa Madre di Dio
e saremo resi degni delle promesse di Cristo

Preghiamo: Padre santo, che nel cammino della Chiesa hai posto quale segno luminoso la Beata Vergine Maria, per sua intercessione sostieni la nostra fede e ravviva la nostra speranza, perché condotti dall’amore, camminiamo intrepidi sulla via del Vangelo. Per Cristo nostro Signore.

Amen


CANTI MARIANI

Ave, Maria, splendore del mattino

Ave, Maria, splendore del mattino,
puro è il tuo sguardo ed umile il tuo cuore;
protegga il nostro popolo in cammino
la tenerezza del tuo vero amore.

Madre, non sono degno di guardarti!
Però fammi sentire la tua voce;
fa ’che io porti a tutti la tua pac
e possano conoscerti ed amarti

Madre, tu soccorri i figli tuoi,
fa’ in modo che nessuno se ne vada;
sostieni la sua croce e la sua strada
fa’ che cammini sempre in mezzo a noi.

Ave, Maria, splendore del mattino,
puro è il tuo sguardo ed umile il tuo cuore;
protegga il nostro popolo in cammino
la tenerezza del tuo vero amore.

Madre, non sono degno di guardarti!
Però fammi sentire la tua voce,
fa’ che io porti a tutti la tua pace
e possano conoscerti ed amarti.

Ave, Maria, splendore del mattino.

 

Preghiera a Maria

Maria, tu che hai atteso nel silenzio
la sua Parola per noi,                         

 Aiutaci ad accogliere
il Figlio tuo che ora vive in noi

Maria, tu che sei stata così docile
davanti al tuo Signor  Rit.   

Maria tu che hai portato dolcemente
l’immenso dono d’amor  Rit

Maria, Madre, umilmente tu hai sofferto
del suo ingiusto dolor  Rit.

Maria, tu che ora vivi nella gloria
insieme al tuo Signor Rit

 

Santa Maria del cammino

Mentre trascorre la vita solo tu non sei mai;
Santa Maria del cammino sempre sarà con te.

Vieni, o Madre, in mezzo a noi, vieni, Maria, quaggiù,
cammineremo insieme a te verso la libertà.

Quando qualcuno ti dice: “Nulla mai cambierà”,
lotta per un mondo nuovo, lotta per la verità!

Lungo la strada la gente chiusa in se stessa va;
offri per primo la mano a chi è vicino a te.

 

Come Maria

Vogliamo vivere Signore, offrendo a Te la nostra vita,
con questo pane e questo vino accetta quello che noi siamo.
Vogliamo vivere Signore, abbandonati alla tua voce,
staccati dalle cose vane, fissati nella vita vera.

Vogliamo vivere come Maria,
l’irraggiungibile, la Madre amata,
che vince il mondo con l’amore,
e offrire sempre la Tua vita, che viene dal cielo

Accetta dalle nostre mani come un’offerta a Te gradita
i desideri di ogni cuore, le ansie della nostra vita.
Vogliamo vivere, Signore accesi dalle Tue parole
per riportare in ogni uomo la fiamma viva del Tuo amore.


Preghiera a Maria, per invocare la pace  (Papa Francesco)

Accogli, o Madre, la nostra supplica.
Tu, stella del mare,
non lasciarci naufragare

nella tempesta della guerra.
Tu, arca della nuova alleanza,
ispira progetti e vie di riconciliazione.
Tu, “terra del Cielo”,
riporta la concordia di Dio nel mondo.

Estingui l’odio, placa la vendetta,
insegnaci il perdono.
Liberaci dalla guerra,
preserva il mondo dalla minaccia nucleare.

Regina del Rosario,
ridesta in noi il bisogno di pregare e di amare.
Regina della famiglia umana,
mostra ai popoli la via della fraternità.
Amen.

 Il Signore ci conceda una notte serena
e un riposo tranquillo
.

Amen.

 

Preghiera del Rosario:

“Contemplare il volto di Cristo con il cuore di Maria (Papa Francesco)

Anniversari di matrimonio

Via Crucis dei bambini

Domenica delle palme

Via Crucis interparrocchiale

Anniversari di matrimonio 16 aprile

Festeggeremo  insieme gli ANNIVERSARI DI MATRIMONIO del 2023 nella S. Messa di domenica 16 aprile ore 11. Per mortivi di organizzazione è necessario prenotarsi presso la segreteria parrocchiale.

Bambini senza sacramenti

Famiglia Cristiana 19/01/2023

BAMBINI SENZA SACRAMENTI, OCCORRE UN CAMBIO DI PASSO

Un tempo anche le coppie sposate solo civilmente o conviventi davano modo ai figli di ricevere i sacramenti dell’iniziazione (Battesimo, Prima Comunione, Cresima). Oggi, invece, molti bambini non vengono nemmeno battezzati. Anche i miei nipoti (figli di mia figlia) non lo sono stati. Che fare? – NONNA ANNA MARIA

Risponde Don Tonino Lasconi

«Che fare?», Anna Maria, è la domanda che la Chiesa, in tutte le sue componenti, dai vescovi alla catechista della piccola parrocchia di montagna, si sta ponendo, e dovrebbe porsi con più profondità e incisività, perché quello che sta accadendo – tu hai citato un esempio molto significativo – è il passaggio sempre più evidente dalla fede per consuetudine a quella per convinzione. Questa mutazione, in atto da decenni, ha avuto un’accelerazione decisiva con il Covid. In questi due anni, quelli che continuavano stancamente la pratica religiosa e la celebrazione dei sacramenti (Matrimonio e iniziazione cristiana) per motivazioni più sociali (festa e regali) che di fede, si sono accorti che si sta bene anche senza sacramenti, senza catechismo, senza prediche, senza… E allora perché non farne a meno? Detto, fatto.

«Che fare?», chiedi tu. Non basta – lo si è visto e lo si vede – né spostare l’età di Comunione e Cresima verso l’alto o verso il basso né il ritorno nostalgico a quando «almeno il Padre Nostro e l’Ave Maria li sapevano tutti, e nelle chiese si pregava sul serio», né celebrazioni creative a favore di Facebook o performance da influencer piazzisti. Serve prendere sul serio quello che Paolo VI continua a ripetere inascoltato da cinquant’anni: «La evangelizzazione perde molto della sua forza e della sua efficacia se non tiene in considerazione il popolo concreto al quale si rivolge, se non utilizza la sua lingua, i suoi segni e simboli, se non risponde ai problemi da esso posti, se non interessa la sua vita reale» (Evangelii nuntiandi n. 63). Il “popolo” di oggi non è più neanche quello di qualche anno fa, e figuriamoci di quello di decenni fa.

Ciò richiede che tutte le energie spirituali e materiali siano impegnate a «tenere in considerazione questo popolo concreto», in modo che ascolti, si interroghi e scelga, risparmiandogli le stesse prediche, lo stesso approccio clericale, le stesse pratiche inutili, come affannarsi a trovare padrini e madrine non conviventi, non sposati soltanto civilmente, non divorziati, e per firmare attestati di idoneità per la parrocchia confinante. Purtroppo, si può e si fa.

Però, se vogliamo davvero annunciare il Vangelo, bisogna prendere di nuovo le misure e la bilancia. Pensa se si decidesse di dedicare agli adulti tutte le risorse che vengono spese per il catechismo dei bambini, abbandonando l’illusione di crescere piccoli cristiani e di “attirare” i genitori attraverso di loro, quando si può arrivare ai bambini soltanto con la testimonianza di una chiesa “di adulti” che li accoglie benevolmente. Intanto, però, nell’attesa di questa “conversione” cosa possiamo fare tu, io, e tutti quelli che hanno a cuore la fede in Gesù e una Chiesa viva?

Una cosa c’è: tendere con più decisione a una fede capace di confrontarsi serenamente e intelligentemente con i problemi di oggi. Anche con i figli e i nipoti non battezzati! Gesù assicura che tra strada, sassi e rovi c’è sempre uno spazio sorprendente di terreno buono. Hai visto mai!

Messaggio in memoria del naufragio di Cutro

Messaggio in memoria del naufragio di Cutro

Rimini, 3 marzo 2023

 

È passata una settimana dalla tragedia del naufragio di Cutro, decine di persone morte affogate: donne, bambini, neonati, uomini, giovani, provenienti dall’Afghanistan, dal Senegal, dalla Siria, dall’Iran, dal Pakistan. Fratelli e sorelle in fuga da situazioni diverse fra loro ma ugualmente invivibili, insopportabili, alla ricerca di situazioni normali, sicure.

Siamo tutti profondamente toccati nel cuore delle immagini che i media ci hanno proposto e sono certo che noi tutti abbiamo in qualche modo pregato, soprattutto per chi è rimasto ed ha perso i propri cari. Invito la nostra comunità cristiana riminese a pregare nelle sante messe di questa seconda domenica di Quaresima durante la preghiera dei fedeli e di lasciarci interrogare da quanto è successo e che sta succedendo. Io stesso mi chiedo in che modo queste vittime della disperazione hanno a che vedere con la mia vita e la nostra città.

In queste mie prime settimane romagnole ho potuto sperimentare che la capacità di accoglienza turistica del nostro territorio è anche accoglienza fraterna, soprattutto per chi è in difficoltà. Desidero ringraziare i genitori e le famiglie che hanno accolto, e in alcuni casi adottato nel loro nucleo familiare, bambini senza famiglia, orfani di guerra, abbandonati provenienti da paesi poveri o sconvolti dalla guerra. Questi genitori sono spesso andati incontro a situazioni di grande difficoltà, ma il loro gesto di amore fa bene a tutti noi e non sarà dimenticato da Dio.

Desidero ringraziare anche tutti coloro che, nelle scuole, nello sport, nelle associazioni, nelle parrocchie (insegnanti, allenatori, educatori, laici e religiosi), si spendono per un’integrazione capace di realizzare quanto chiesto da Papa Francesco fin dal titolo di una celebre enciclica: essere “Fratelli tutti”.

Il nostro territorio, specialmente nel periodo estivo, offre molte possibilità di lavoro legate al turismo, senza dimenticare l’industria, il commercio, l’agricoltura. Il nostro mare, le nostre spiagge, le nostre strutture ricettive e di ristorazione danno lavoro sia a italiani sia a stranieri. Sono certo che una buona parte degli stipendi dei nostri fratelli e sorelle stranieri vengano inviati ai loro familiari che vivono in Paesi molto meno fortunati di noi.

In gran parte del mondo l’istruzione e la sanità sono a pagamento, non accessibili a tutti, diversamente da quanto accade a noi, fortunati privilegiati dalla Provvidenza. Dare lavoro anche a chi viene da lontano vuol dire dare speranza a tante persone, aiutare a non cadere nella disperazione, a non “salire sui barconi di Cutro”.

Desidero anche ringraziare i riminesi che danno la loro vita nei paesi poveri, in Zimbabwe, in Albania, in Mozambico, in Indonesia, nelle Filippine; nella nostra diocesi sono nati tre istituti religiosi femminili e altre associazioni che hanno missioni in molti paesi del mondo e con la loro presenza aiutano a non far cadere nella disperazione chi è vittima della carestia, della violenza e dell’ingiustizia.

Non posso non pregare perché al più presto finiscano le guerre in Russia, in Ucraina, in Africa, nel mondo intero; che le armi diventino inutili; che i soldi spesi per gli armamenti diventino ospedali, scuole, officine in Afghanistan, Iraq, Pakistan, Senegal, Siria, Nigeria, Libia e in tutti quei paesi da cui tanti fratelli e sorelle partono, strappando legami affettivi, rendendo difficile la possibilità di farsi a loro volta una famiglia, in mezzo a mille difficoltà.

Dio ha un progetto di felicità per ognuno di noi. Beato chi si impegna con lui per realizzarlo!

 

+Nicolò Anselmi

mons. Nicolò è arrivato

22 gennaio 2023 – ingresso del nuovo vescovo di Rimini

monsignor Nicolò Anselmi

Dopo la lettura da parte del cancelliere vescovile monsignor Agostino Pasquini del messaggio di Papa Francesco, l’annuncio è arrivato alle 16.45, accompagnato dal suono delle campane: monsignor Nicolò Anselmi è il nuovo vescovo della Diocesi di Rimini. Un annuncio accompagnato da un lungo applauso e dall’abbraccio con monsignor Francesco Lambiasi.

Monsignor Anselmi ha aperto l’omelia con una nota ‘familiare’: “Prima di tutto volevo salutare mia sorella. Volevo verificare che fosse venuta. E’ l’unico pezzetto di famiglia che mi è rimasto, mamma e papà sono in cielo”. Poi, ritornando alla Bolla: “Il Papa mi ha affidato a Sandra Sabattini che ha la mia età, la sento vicina”. “Sono stato a Sant’Agostino dove c’è Alberto Marvelli, che è un ingegnere meccanico come me. Dovevo venire a Rimini, mi sento in buone mani”.
Poi ancora un grazie per l’accoglienza “in modo squisito, con attenzione e delicatezza” di monsignor Lambiasi. Un ampio passaggio, riferendosi alla Lettera di Paolo ai Corinzi, lo ha riservato al tema dell’unità della Chiesa e all’essere pescatori, con un’immagine che accomuna Rimini e Genova.
Gesù sceglie dei collaboratori, e li sceglie tra i pescatori. “Le genti di Genova e di Rimini sono genti di mare, e sanno che per pescare servono reti unite, senza buche.
Noi per primi siamo stati pescati, oggi siamo collaboratori di Dio per l’unità: è una cosa stupenda!”.

“Questo vuole Cristo. E’ il maligno che divide”“Chiedo scusa da subito per tutte le cose che sbaglierò”, ha concluso.

Al termine della celebrazione, monsignor Lambiasi ha letto una lettera indirizzata al suo successore augurandogli una “chiesa coro”. Rivolgendo a lui l’augurio che gli fu rivolto al suo ingresso: “Tin bota”.
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Carnevale della zona pastorale

Come animare una Messa

Per la lettura: Come animare una Messa

Perché il nonno è morto prima del mio compleanno?

Non ci sarà quando io farò la prima comunione, non ci sarà quando farò il compleanno, non ci sarà quando….». E da lì un elenco di occasioni nelle quali il nonno non sarà presente. Perché il nonno, nella notte, ha fatto il suo transito. Il Signore è tornato e lo ha preso con sé. Così quando il papà gli ha detto che il nonno non c’era più, Giuseppe di appena otto anni, con la disarmante semplicità dei bimbi, ha colto immediatamente il dramma della morte: l’assenza.

Quel non-esserci-più che è l’incommensurabile tragedia della partenza di qualcuno che amiamo. Perché la vita continuerà, ci saranno altre feste, altri dolori, altri Natali, altri compleanni, ma niente sarà come prima, perché qualcuno mancherà. Il nonno sarà assente, Giuseppe avverte bene il dramma di non poter crescere in sua compagnia.

Mi ha colpito tanto il racconto della lista dei ‘non ci sarà’ di questo piccolo, perché è la protesta per un’ingiustizia subìta che non può passare sotto silenzio. È l’accusa, al modo di Giobbe, di chi protesta e pone Dio sotto accusa: ma non t’accorgi di me, di come soffro, dell’ingiustizia che sto patendo?

Anche se non direttamente rivolto a Dio, Giuseppe protesta in ultimo contro di lui, contesta l’irragionevole presenza della morte nella vita degli uomini. Protesta per un futuro senza qualcuno. Perché è vero che possiamo immaginare il futuro solo insieme a coloro che amiamo. La morte di una persona amata sembra tagliare via, in un lampo, il domani progettato e sognato, e l’assenza diventa vertigine del vuoto che coglie quando si deve immaginare il ‘dopo’ senza chi è partito per un altrove al quale non ci è dato accesso. Il lamento di Giuseppe, il lamento di Giobbe: la protesta di ogni uomo e di ogni donna che si trova davanti al dolore della perdita.

Giuseppe è un bimbo fortunato: la sua famiglia gli ha trasmesso la fede, conosce l’allegria della vita in parrocchia, l’amicizia con gli uomini di chiesa (uno zio vescovo e uno prete), insomma è circondato da un ambiente che da sempre gli ha parlato di Gesù, di questo amico presente in ogni situazione della vita. Aveva incontrato la morte della bisnonna, aveva già fatto i conti con la mancanza.

E anche questa volta i genitori hanno voluto che salutasse il nonno prima che fosse tumulato, non hanno avuto timore di far accostare questo piccolo alla salma del nonno, accanto alla quale ha pregato insieme gli adulti, rispondendo alla recita del rosario in maniera partecipe e serena, ultima preghiera prima dell’ultimo sguardo ad un corpo che da lì a poco sarebbe stato deposto nella terra, ad attendere. Ha partecipato alle due Eucaristie di commiato insieme alla famiglia, sereno, composto, rassicurato, pur nel dolore, dalla serenità che i suoi gli hanno comunicato: quel saluto è un arrivederci.

Il nonno che non ci sarà per la sua prima comunione, sarà presente in maniera nuova, percepibile nella fede, ma non meno reale di quella fisica. La liturgia della Chiesa risponde al suo modo alla protesta di Giuseppe: il nonno ci sarà.

Ci sarà nelle grandi occasioni e in ogni momento della vita del nipotino, più di prima, meglio di prima, libero da malattie e dolori, sciolto dai legami del peccato è ora presenza benedicente e vicina. Ci sarà fino al momento in cui nonno e nipote si ritroveranno, con tutti, proprio tutti, quelli che gli avranno fatto compagnia su questa terra.

E mentre penso al bimbo seduto in prima fila a un paio di metri dalla bara del nonno, prego per tutti quei bambini ai quali è stata negata la possibilità di questo ultimo saluto pensando di proteggerli, così, dallo scandalo della morte. Prego perché anche loro conoscano la ‘normalità’ della vita che è fatta anche del morire. Perché solo affrontando a viso aperto la morte, si può in qualche modo lenire il dolore dei tanti “non ci sarà”.

 

su: Avvenire, 15 febbraio 2022

La testimonianza dell’attrice Beatrice Fazi, attrice

CAMBIATA DALLA LUCE DI UN OSTENSORIO

intervista a cura di Mimmo Muolo (Avvenire 24/09/2022)

 

Che cosa è successo?

Una sera, in un periodo particolarmente buio, in cui avevo anche deciso di smettere di fare l’attrice, camminando lungo via del Corso, ero stanca e cercavo un posto dove sedermi. Ho visto una chiesa aperta e sono entrata. Mi sono seduta presso la porta di ingresso e in quel momento era in corso l’adorazione eucaristica, una pratica religiosa che avevo sempre considerato una cosa vuota, insignificante.

E invece?

E invece a un certo punto, mentre fissavo l’ostensorio, la luce che emanava mi ha colpito gli occhi e ho cominciato a piangere. Ho avuto la certezza che nell’Ostia esposta ci fosse una presenza viva, perché un oggetto inanimato non può colpirti così. E mi si è sciolta la rabbia che avevo dentro. È stato come sentirsi abbracciata da un padre, che mi diceva: “Figlia mia, finalmente sei tornata da me”.

Qual era stato il suo vissuto religioso fino a quel momento?

Avevo rifiutato l’educazione cattolica ricevuta in famiglia e mi ero convertita al buddismo. La traumatica esperienza dell’aborto, a vent’anni, mi aveva profondamente ferita e quando sentivo Giovanni Paolo II e Madre Teresa parlare di aborto crescevano in me lo sgomento e il livore. Ma quella sera c’è stata una svolta ed è iniziato un cammino diverso.

Questo significa che la conversione non è stata immediata?

Sono scappata via e ho ricominciato la vita di prima, ma il Signore mi ha come presa per mano e accompagnata lungo tutti i passi, anche quelli apparentemente “fuori strada”. Ho incontrato un uomo, Pierpaolo, attualmente mio marito. Era un avvocato che veniva spesso nel bistrot dove lavoravo. Ma era ateo e nichilista. Tra l’altro sposato in chiesa anche se il matrimonio era poi fallito. Sono rimasta incinta e questa volta desideravo avere quel bambino. Un giorno una mia amica ci ha chiesto ospitalità, perché veniva da fuori e doveva andare alla catechesi di don Fabio Rosini sui Dieci Comandamenti. “Perché non vieni?”, mi ha chiesto.

E lei ci è andata.

Sì, ma con il mio senso di colpa. Aspettavo un bambino, avevo paura che potesse succedere qualcosa. Sono andata quasi per senso scaramantico, per imbonire una divinità che immaginavo potesse vendicarsi di me che avevo ucciso anni prima la creatura che avevo in grembo. Invece mi sono confessata, proprio da don Rosini. Ricordo la scena: lui stava per assolvermi anche dall’aver abortito, perché ne aveva la facoltà, quando io gli ho detto che convivevo more uxorio con un uomo sposato e divorziato e che non ci saremmo sposati neanche civilmente. È rimasto con la mano a mezz’aria, quasi paralizzata. E con dolcezza mi ha detto che non poteva assolvermi, che il matrimonio è immagine delle nozze di Cristo con la Chiesa e che avrei dovuto astenermi dalla comunione.

Le è crollato di nuovo il mondo addosso…

In realtà quel “no”, mi ha salvato la vita, perché se avessi avuto il “certificato di buona condotta”, non avrei capito la grandezza del dono. Invece così si è acceso il desiderio vivo di conoscere questo Dio così pieno di amore per me.

Che cosa le disse don Fabio?

Mi disse: “Non puoi prendere l’Eucaristia, ma sei chiamata ad essere santa. E se sei qui è perché Dio ha un progetto per te. Dio è sempre fedele. Lui stesso ti parlerà, perché la tua storia è stare dentro la Chiesa”. Tutto quello che è successo poi mi ha confermato che aveva ragione, anche se il percorso non è stato facile. A un certo punto avevo anche deciso di lasciare Pierpaolo, che proprio non ne voleva sentire di sottomettersi all’autorità della Chiesa e di chiedere ad esempio la nullità del suo matrimonio. Ma come mi aveva consigliato don Fabio, mi sono messa davanti alla Parola di Dio e un giorno ho letto un passo di San Paolo che raccomanda alle mogli dei non credenti di restare accanto ai loro mariti. È stata un’illuminazione. A Natale Pierpaolo mi ha accompagnato a Messa e da lì è iniziato anche il suo percorso di conversione. Il 7 luglio del 2008, dopo la nullità del suo precedente matrimonio, ci siamo sposati e quel giorno, insieme con lui sono tornata a fare la comunione.

Che cosa significa oggi per lei l’Eucaristia?

Continuo a sperimentare, personalmente, nel rapporto con mio marito e con i figli, nel mio lavoro di attrice, che quella medicina per il mio spirito è estremamente potente. Quando partecipo alla Messa e mi comunico, sento che Gesù si sta dando tutto per me e che mi accoglie come sono, con lo stesso amore di quella sera in cui stava lì ad aspettarmi nell’Ostia dell’adorazione.

Un nuovo prete per la nostra diocesi di Rimini.

 

 

  1. Una breve biografia

Mi chiamo Marco Evangelisti, ho 27 anni, sono nato a Cesena il 5 dicembre del 1994 e prima del mio ingresso in seminario ho sempre vissuto a Santarcangelo di Romagna. Dopo aver conseguito la maturità al Liceo delle Scienze Sociali “M. Valgimigli” di Rimini all’età di 18 anni, nel 2013 sono entrato in Seminario a Rimini dove ho vissuto gli anni di propedeutica, per poi iniziare nel 2015 gli anni di teologia al Pontificio Seminario Regionale Flaminio “Bendetto XV” in Bologna. Mi sono laureato in teologia nell’ a.a. 2019/2020 con una tesi in psicologia generale e della religione dove ho approfondito la teoria dell’attaccamento nell’esperienza di Dio.
Sono diventato diacono il 19 settembre 2021 e sto continuando a svolgere il mio servizio nella parrocchia S. Andrea Dell’Ausa – Crocifisso a Rimini dove sono inserito già dal 2018. In parrocchia, oltre alle cose “ordinarie”, mi sono occupato in questi anni principalmente dello Scoutismo.

Ho iniziato in questi giorni a Loreto un Master di “Accompagnamento Spirituale e Relazionale dei giovani”, perché desidero acquisire più competenze per la cura delle persone e in particolare per l’accompagnamento spirituale dei giovani.

  1. Raccontaci com’è maturata la tua vocazione

La mia vocazione è nata e maturata in parrocchia a Santarcangelo, facevo fin da piccolo parte del gruppo ANSPI e del coro della parrocchia, mi è sempre piaciuto cantare, fare teatro ed esperienze di oratorio.

Nel 2011, all’età di 16 anni ho partecipato al campo diocesano “Nephesh” di Azione Cattolica: in quel contesto ho sentito che Dio mi chiamava a mettere a disposizione la mia vita per gli altri.

Dopo quel campo, ho iniziato un cammino spirituale accompagnato da don Stefano Sargolini (allora era il viceparroco della mia parrocchia) e sono stato guidato e aiutato anche dai miei educatori e dagli amici coetanei che partecipavano ai gruppi parrocchiali insieme a me.

Grazie anche all’esempio, al sostegno e all’affetto dei miei sacerdoti, oltre a don Stefano, vorrei ringraziare tantissimo anche il mio parroco don Giancarlo Del Bianco, ho maturato l’idea di diventare prete.

A settembre del 2013 sono entrato in Seminario dove sono stato accolto e accompagnato dai formatori.

Gli anni di Seminario sono stati anni di crescita per me, perché sono entrato con tanto entusiasmo e la mia fede in Gesù era una fede molto giovane, entusiasta e guidata dalle emozioni che provavo in quel momento, quindi allo stesso tempo era anche un po’ fragile… come del resto la mia persona.

Mi piace sempre dire che all’inizio del seminario la mia relazione con Gesù era ancora “bambina” e poi nel corso degli anni, grazie al cammino formativo, alle esperienze vissute e alle persone incontrate è diventata una fede più adulta e credo più sicura.

Il cammino di seminario, seppur molto bello e ricco di opportunità, non è stato una passeggiata, ci sono stati anche diversi momenti difficili nei quali non sono mancate crisi e occasioni di mettere in dubbio tante cose… tuttavia rileggendo oggi la mia storia devo dire che alcune di quelle difficoltà sono servite a farmi crescere, non solo nella fede ma anche come persona. Prezioso in questi anni è stato l’aiuto dei miei compagni, dei miei amici, dei miei formatori e dei parroci riminesi che mi hanno accolto e accompagnato.

  1. Diventare prete nel mondo di oggi quali sentimenti ti suscita?

Sono felice di diventare prete perché penso che per la mia vita sia una grazia e un dono immenso e spero possa esserlo anche per la vita di altre persone, tuttavia sono consapevole che diventare prete nel contesto in cui viviamo sarà una bella sfida. Il mondo di oggi, lo dicono anche gli psicologi, è molto più complesso. Una volta la società era più ordinata, i ruoli delle persone erano più chiari… oggi è tutto più in subbuglio e la percezione che ho, soprattutto stando con i giovani, è che manchino delle prospettive che suscitino in loro dei desideri. Con questo, non fraintendetemi, non voglio dire che oggi sia peggio di ieri, però sicuramente occorre liberarsi dai paradigmi del passato perché una volta andavano bene… ma oggi occorre rimettere in discussione con creatività alcune cose che in passato funzionavano, senza perdere di vista l’Essenziale: Gesù e la Chiesa.

  1. Cosa ti porti dietro come bagaglio dopo le prime esperienze pastorali come seminarista e come diacono?

Dopo gli anni che ho vissuto, mi porto dietro un bagaglio ricco di Grazia di Dio: tante sono state le esperienze e tante le belle persone incontrate. Ho avuto anche l’occasione di conoscere tante realtà presenti nella nostra Diocesi: il Presbiterio, l’ANSPI, l’Azione Cattolica, l’AGESCI, l’Ufficio Missionario, la Pastorale Giovanile, il coro della pastorale Giovanile, la Comunità di Montetauro, i Monasteri, gli Ordini religiosi, la Comunità Papa Giovanni XXIII, le Parrocchie… 

Di tutte queste ricchezze sono tanto grato al Signore.

  1. Se dovessi sintetizzare con una frase del Vangelo il messaggio che vuoi portare nel tuo impegno pastorale, quale sceglieresti?

Sceglierei la frase che ho messo anche nel ricordino della mia ordinazione: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13). Credo che il valore delle relazioni e delle amicizie sia oggi fondamentale nell’impegno pastorale. Percepisco che le persone hanno bisogno di sentirsi volute bene dai loro pastori e dalla Chiesa, perché in un mondo che va sempre più verso l’individualismo, c’è bisogno di sentirsi amati… e chi può amarci più di Gesù? Proprio per questo ho scelto come immagine l’icona copta del VII sec.  “Gesù e il suo amico”, perché penso che l’amicizia sia il motore dell’amore.

  1. Quale messaggio vorresti comunicare e condividere in particolare con i giovani nel giorno della tua ordinazione?

In un mondo creato per noi da Dio Padre, dove noi siamo suoi figli ed esistono tante cose belle. In un mondo dove Gesù ci ha donato la sua vita per salvarci… anche se a volte il male e le sofferenze sembrano avere la meglio: non è così, fidatevi! Provate a seguire Gesù per credere.

L’augurio e l’invito che vi faccio è lo stesso che mi ha fatto personalmente il Vescovo qualche anno fa, riprendendo le parole dell’Apostolo Paolo: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene” (Rm 12, 21).

 

Oratorio chiuso per maleducazione?

Oratorio chiuso, don Mazzi fa discutere

 

COLLOQUI COL PADRE (don Stefano Stimamiglio, direttore di Famiglia Cristiana)

 Ho raccolto due fra le varie lettere – che mi sono giunte in merito all’edi­toriale di don Antonio Mazzi sul fatto di cronaca locale legato alla chiusura (temporanea, come si è sa­puto dopo, e non a tempo indeterminato come era stato inteso) dell’oratorio di Cicognara, provincia di Mantova, ma diocesi di Cremona, da parte del locale parroco, don Andrea Spreafico a causa di ripetuti e cattivi comportamenti (dettagliati in un cartellone pubblicato fuori dall’ora­torio) da parte di numerosi utenti, piccoli e grandi.

Don Mazzi, con la sua usuale e da tutti amata verve educativa, criticava la decisione del sacerdote e così scriveva: «Anche io sono molto preoccupato, non per il cattivo contegno dei maleducati, ma per il metodo usato dal prete arrabbiato dell’oratorio. Vivendo, io, tra ragazzi ben più difficili di quelli di Cicognara, non ho chiuso le comunità, ma le ho raddoppiate e ho preparato gli educatori, non i sorveglianti o i custodi. Perché il problema sta tutto qui, cioè nella presenza di adulti preparati che non vengono per “tenere in ordine”, ma per aiutare i giovani a crede­re più nella vita sana, sportiva, educata e amichevole».

Quale atteggiamento avere di fronte alla maleducazione e alla man­canza di rispetto in luoghi aperti a tutti e caratterizzati da un progetto educativo preciso, come quello di un oratorio par­rocchiale?

Tenerlo aperto, aumentando alcune modalità di controllo e investendo in “formazione”; o chiuderlo per un giorno, come poi è successo? Don Andrea ha scel­to la seconda via, aprendo così un interes­sante dibattito. Da quanto si legge nelle cronache locali, ha preso quella grave de­cisione come atto estremo (e «senza nes­suna rabbia», precisa lui) per richiamare con un gesto clamoroso piccoli e grandi a una forma di conversione, invitandoli così a un contegno e a una forma di rispetto adeguati al luogo e alle persone che lo frequentano. Sembra che la scelta abbia pagato: l’oratorio adesso è riaperto.

 

Gentile direttore, vorrei esprime­re un pensiero sulla riflessione di don Antonio Mazzi a riguardo del sacerdote che ha chiuso l’oratorio. A don Mazzi sembra una cosa assurda in quanto nella sua comunità ha dei casi sicuramente molto più gravi, però vorrei far notare che proprio da questa mancanza di educazione nell’oratorio di Cicognara cresceranno quei ragazzi che un giorno saranno accolti da Exodus … Don Andrea Spreafico ha tutto il mio sostegno. PAOLO DA LODI

 

Egregio direttore, scrivo a proposito dell’articolo di don Antonio Mazzi, in riferimento al provvedimento del parroco di Cicognara per la chiusura dell’oratorio. Premetto che non si mette in discussione l’efficacia educativa di don Mazzi all’interno delle comunità dove opera e dove sono presenti ragazzi violenti che hanno ucciso, assaltato banche e stuprato.

Il problema a mio avviso è un altro: esiste ancora l’autorità che legittima il rispetto delle regole, che garantisce l’ordine degli ambienti frequentati, l’uso della civiltà nei comportamenti interpersonali? Il fatto che si giustifichino trasgressioni di ogni tipo all’interno di contesti educativi (anche nella scuola i docenti non possono più proferire critiche, si buttano addosso a loro scarpe e altro) fa comprendere che l’emergenza educativa ha raggiunto livelli insostenibili.

La cosa ancor più grave è che a questi comportamenti lesivi delle buone maniere, si accompagnino comportamenti squalificanti di adulti che, invece di contribuire alla correzione, acuiscono la disattesa di regole.

A don Mazzi direi che ha fatto proprio bene don Andrea Spreafico, parroco di Cicognara, a interdire l’accesso all’oratorio: è venuto il momento di non interpellare gli psicologi o gli psichiatri e neanche i sociologi sulla questione giovanile, ma di rendere ancora credibile e rispettabile chi esercita funzioni educative e formative.

Mi spiace per lei, don Mazzi, non si deve estendere la realtà di una comunità dove lei opera, al contesto di una scuola e tanto meno di un oratorio. GERMANA MALCISI

 

don Andrea Spreafico

I cantieri di Betania. Il Cammino sinodaIe continua.

Il documento della CEI per il secondo anno del Cammino sinodale (leggi)

La libertà sessuale dei ragazzi.

«La libertà sessuale dei ragazzi. Com’è difficile trovare le parole per parlarne»

Che cosa si può dire ad una ragazza di 18 anni che ti viene a raccontare, con libertà e forse con candore, che è andata a letto alcune volte con un suo coetaneo non per amore, ma per provare. Che dopo di ciò, non lo ha più cercato perché temeva che lui iniziasse a provare qualcosa per lei. E che non può dirlo ai suoi genitori perché, secondo lei, ne farebbero una tragedia esagerata?

Come suora che lavora in oratorio e prova a stare accanto agli adolescenti, mi sono sentita di richiamarla a un esercizio della sessualità più ragionato e meno banale, ma mi sono accorta che le mie parole risultavano stonate anche a me, perché non facevano presa su questa ragazza, per altre cose così matura e profonda.

Mi sembrava di ripetere qualcosa che sì, è giusto e riafferma un valore, ma forse non coglie qualcosa dei ragazzi di oggi. Io ho solo una decina di anni più di questa ragazza, ma stento a trovare le parole giuste. (suor Cristina)

 

risponde Fabrizio Fantoni, Psicologo e psicoterapeuta (su F.C. 8/2022)

Cara suor Cristina, è già un bene che questa ragazza sia venuta a parlarle, forse sentendo che avrebbe trovato in lei un’ascoltatrice attenta e sensibile, prima ancora che un adulto che dice la sua, anche a fin di bene.
Questa ragazza ha capito che lei l’avrebbe ascoltata fino in fondo, senza interromperla e senza dare giudizi. Perché solo con questo nostro silenzio senza interruzioni possiamo pensare che i ragazzi saranno poi disponibili ad ascoltare quanto gli diremo.
Perché questa adolescente è venuta a raccontarle la sua storia?
Forse per mettere ordine nei suoi pensieri, forse perché ha intuito che la comunicazione attraverso il sesso può attivare sentimenti ed emozioni intensi che vanno oltre il piacere fisico e la novità dell’esperienza. Tant’è che si è ritirata quando si è accorta che il ragazzo iniziava a sentire per lei un’attrazione non solo sessuale.
Proprio da questo forse si può partire per rendere più vicino a questa ragazza l’invito a una sessualità “meno banale”, come lei giustamente sottolinea.
I gesti del sesso sono “parole” forti e intense, rivolte a un’altra persona. Sono incontro con una persona fisicamente e mentalmente differente.
Che cosa voleva dire questa ragazza? Ha tenuto conto che quanto lei comunicava a quel ragazzo poteva diventare l’occasione per uno scambio profondo? Che in quei momenti guardarsi negli occhi apre una prospettiva più ampia che si può cogliere soltanto se lo scambio riguarda anche i sentimenti reciproci?
Allora con questa ragazza si può cercare di ricordare che il piacere provato, che sembra già grande, può esserlo molto di più se si colloca all’interno di una prospettiva di amore: una conoscenza profonda dell’altro, uno scambio di pensieri e di emozioni, una scelta reciproca, non confinata nello spazio angusto dei pochi giorni trascorsi insieme.
Allora forse si aprirà in questa ragazza una prospettiva differente: una disponibilità alla riflessione morale, una rinnovata profondità.

Portiamo Gesù, ma non siamo taxi

Mirella Fabbri e Cristian Castellani

estratto da

domenica 27 febbraio 2022

“Portiamo Gesù ma non siamo taxi”

L’ESPERIENZA. Ministri straordinari della Comunione eucaristica: a contatto del malato, non da soli.

 

“Il servizio di Ministro straordinario dell’Eucaristia è un gesto di carità della Chiesa “perché non restino privi della luce e del conforto di questo sacramento i fedeli che desiderano partecipare al banchetto eucaristico e ai frutti del sacrificio di Cristo” (Immensae caritatis).

Nelle comunità della Diocesi di Rimini abbiamo il dono di avere alcuni Ministri Straordinari della Comunione Eucaristica chiamati a portare la S. Comunione agli infermi e agli anziani che non possono partecipare alla Messa in chiesa; e aiutare il sacerdote nella distribuzione dell’Eucarestia durante le celebrazioni in chiesa.

Mirella Fabbri e Cristian Castellani sono due Ministri Straordinari della Comunione Eucaristica, entrambi della parrocchia del Crocifisso di Rimini.

 

Cosa succede quando bussate alla porta di un ammalto?

Mirella: Tutte cose molto belle: ti senti accolto, aspettato non come persona ma come strumento che porta in quella casa, a quelle persone la cosa più importante che hanno: “Gesù Eucaristia”

Cristian: I malati che mi sono stati donati mi aspettano, qualcuno ha già preparato la candela accesa e il crocifisso: aspettano il Signore e anche la comunità. Perché non è Cristian che va a casa loro, ma è tutta la comunità, ed io come primo gesto porto sempre loro il saluto della comunità. Per tutta risposta, il volto di molte persone si illumina. Molto spesso quando sono al culmine della malattia e del dolore sono volti trasfigurati e faticano a riconoscerti, ma se ti avvicini li vedi illuminati e questo incontro procura una gioia immensa.

 

Come avete intrapreso questo servizio?

Mirella: Suor Bertilla svolgeva il servizio della Comunione in parrocchia proprio agli ammalti della mia zona. Ventuno anni fa mi ha semplicemente confidato che sentiva i primi acciacchi della vecchiaia. «Ho bisogno di qualcuno che prenda il mio posto, vedo in te una persona giusta». Mi sono fidata del suo giudizio, e mi sono messa in cammino. L’«eccomi» di 21 anni ancora risuona nel mio cuore e nella mia vita.

Ad una condizione: sarei rimasta Ministro fino a quando ci sarebbero stati ammalati a cui portare Comunione. Il senso di essere Ministro straordinario dell’Eucaristia è arrivare nelle case dei malati”.

Cristian: Undici anni fa, l’allora parroco del Crocifisso, don Paolo Donati, mi chiese se fossi disponibile a diventare Ministro straordinario della Comunione eucaristica. Nella beata incoscienza ho detto sì, pensando che il servizio del Ministro fosse distribuire la Comunione durante le celebrazioni aiutando il parroco.

Al Seminario Diocesano durante la prima lezione del corso (del quale Mirella era una docente) ci illustrarono cos’era, cosa doveva fare e come incontrare i malati. La parabola evangelica del Buon Sammaritano, che vede, ha compassione e soccorre il viandante ferito e abbandonato, fu il trampolino di lancio di questa ‘avventura’.

Nel tragitto dal Seminario Diocesano a casa mia piansi prendendo coscienza della grande responsabilità contenuta in questo servizio. Ero tentato di non proseguire il cammino, ma ormai Qualcuno aveva già suonato al campanello e strattonato alla collottola e decisi di continuare. E fu la mia fortuna.

Mi si aprì un mondo immenso, al quale non avevo mai pensato: il malato e la sofferenza. In questi anni ho ricevuto ben più di quanto sono riuscito a dare.

Tanti incontri, tante persone: nella sofferenza ho rinvenuto il vero volto di Dio. Debbo ringraziare per quella proposta che dieci anni fa mi è stata fatta: è un dono. Ero partito mettendo una scadenza al servizio, dicendo che era temporaneo e poi avrei lasciato: avrei commesso l’errore più grande della mia vita.

 

Entrambi avete svolto il servizio anche presso l’ospedale “Infermi” di Rimini. Che esperienza è?

Mirella: Ho fatto servizio per molto tempo in ospedale: c’è un bisogno enorme, e persino la sola presenza del Ministro è significativa.

Cristian: Mi lascio prendere dalla paura, non quella che blocca bensì quel timore che ti stimola e tiene solerti. Prima di entrare nei vari reparti, emetto un bel sospiro perché mi sento indegno, quasi non ce la faccio. Poi guardo il volto del Signore nel crocifisso che ho di fronte e nella teca che ho in mano, e vado.

 

Quando partite per visitare un malato e la sua casa, la sua famiglia, quale pensiero vi guida?

Mirella: “Ogni volta mi sento uno strumento in mezzo a due cose: il desiderio dell’ammalato di ricevere Gesù eucarestia, ma anche e soprattutto l’esigenza fortissima che ha Gesù di arrivare in quella casa, in quelle abitazioni, da quelle persone con quei volti e quelle storie.

Il desiderio del malato è importante, ma è estremamente importante sentire l’esigenza di Gesù di entrare nelle case dei più fragili, che vanno accompagnati e sorretti.

Inizialmente ero molto concentrata su me stessa, sui piedi non degni di portare Gesù, sulle mani indegne di portare Gesù. Poi qualcuno mi ha aiutato ad alzare lo sguardo, a non guardare me stessa, ma Gesù che si fida di me, e si consegna a me in modo tale che io lo possa portare a chiunque lo desideri.

Cristian: È importante saper ascoltare, non arrampicarsi sugli specchi, con discorsi molto filosofici o teologici. Il silenzio stesso è parola guaritrice. Molto spesso incontro malati che pongono tante domande esistenziali: «Perché la malattia? Perché il dolore? Perché proprio a me? Dov’è Dio?». Cerco sempre di offrire una parola di conforto. Il primo passo è l’ascolto, e lo sguardo: le persone vanno guardate e ascoltate. Terminata la parte rituale, prima di accomiatarmi, gli ammalati manifestano dispiacere: «Mi raccomando, ritorna domenica prossima? Ci sarai sempre tu?». Anche con i familiari si instaura un rapporto, che prosegue anche quando gli ammalati sono deceduti. Resta un legame, un ricordo non di Cristian ma della comunità e di ciò che rappresento”.

 

Com’è stato possibile il vostro servizio durante la pandemia? Con quali limitazioni avete dovuto convivere?

Mirella: Per la verità, non ho mai smesso di portare Gesù Eucaristia perché sempre ci sono sempre stati ammalati che mi hanno chiamato anche durante la pandemia. Solo durante il lockdown è stato interrotto il servizio. Appena è stato riaperto, sono ritornata da ammalati e familiari con tutte le cautele del caso.

Anche oggi, il sabato pomeriggio è interamente dedicato a questo servizio”.

 

Qualcuno scherzando sostiene che fare il “taxi di Gesù” è facile. In realtà la vostra esperienza, Mirella e Cristian, ci fa comprendere che nel servizio del Ministro straordinario della Comunione eucaristica c’è qualcosa di ben più grande misterioso. Siete anche voi missionari.

Come avete vissuto la Giornata del Malato?

 

Mirella: Cercando di mettere al centro il più possibile le persone fragili. In chiesa sono state ascoltate le testimonianze di alcune persone che vivono la malattia in maniera positiva la malattia, ed è stata distribuita la Preghiera del Malato con l’immagine scelta per il 2022, invitando tutte le persone a consegnarla agli malati vicino a casa.

Nella Chiesa si parla dei malati facendo riferimento solo a chi desidera ricevere l’Eucaristia. I malati che desiderano Gesù Eucaristia sono sempre meno. Però non diminuiscono i malati. Questa situazione mi interroga: è forse giunta l’ora che il volto del Ministro straordinario cambi? Ad esempio, assumendo il volto del Ministro della consolazione per andar ed essere Chiesa, accompagnando gli ammalati che non domandano la Comunione. Si può essere Gesù che si fa loro vicino, cura le ferite come balsamo, e magari può anche succedere qualcosa.

Anche questa è una missione. Di fronte a noi non c’è solo il malato, ma tutta una famiglia, che incontri in un tempo difficile e con tante problematiche: anche questo è un momento di evangelizzazione.

 

Paolo Guiducci