Alberto Pellai
BAMBINI DELLA SCUOLA PRIMARIA CHE GUARDANO “SQUID GAME”
“Sono un’insegnante di scuola primaria con 2 classi quinte. In questi giorni è venuto alla luce la visione da parte di gran parte dei miei alunni della serie SQUID GAME visibile su una piattaforma che trasmette principalmente serie televisive. Ho trascorso 2 giorni a colloquiare con i miei alunni per capire come lo avessero conosciuto, come e con chi lo avessero visto e il tipo di emozione o motivazione che suscitava in loro. La trama è la costrizione di persone povere, emarginate e problematiche si giocare a 6 giochi (tra cui 1,2,3 stella): la pena per l’errore del gioco è la morte attraverso delle bambole che uccidono gli sconfitti. La serie è coreana e la visione è in lingua originale con i sottotitoli. Durante la ricreazione li vedo spesso giocare a 1 ,2, 3, stella simulando la squalifica dei compagni con il gesto della pistola. E io che fino a poco tempo mi ero quasi commossa nel vederli giocare in gruppo a dei giochi dei vecchi tempi. Solo ora traggo l’amara realtà”.
Questo è uno dei tanti messaggi che ho ricevuto in questi giorni da parte di adulti preoccupati perché bambini della scuola primaria sono diventati spettatori fedeli della serie televisiva “Squid Game”.
Io non l’ho vista. Quindi sto parlando di qualcosa che non conosco, ma di cui ho letto molto.
So che la serie è incentrata su adulti coinvolti in un torneo di giochi tipici dell’infanzia, per cui riceveranno cospicui premi in denaro. Però se vengono sconfitti, saranno uccisi. La serie è sconsigliata a chi ha meno di 14 anni, ma l’evidenza di moltissimi docenti ed educatori è che sia entrata nelle preferenze e nelle scelte di visione di molti bambini e bambine, ragazzi e ragazze preadolescenti.
La violenza della serie è anche graficamente molto “spinta” ed esplicita: quando si viene uccisi, schizza sangue dappertutto. Gli insegnanti dicono che i bambini ci ridono su e si tranquillizzano vicendevolmente dicendosi “tanto non è sangue vero, è sugo di pomodoro”. In molti hanno chiesto che io commentassi tutto ciò.
Non posso che riprendere ogni singolo concetto espresso nel nostro libro “Vietato ai minori di 14 anni” (De Agostini ed.): quando sei bambino/a o preadolescente la tua mente non è in grado di gestire la complessità di alcune esperienze a cui puoi avere accesso, ma per cui non possiedi competenze emotive-cognitive di rielaborazione e integrazione dentro di te.
E’ qualcosa di cui noi genitori dobbiamo essere assolutamente consapevoli. Altrimenti nella vita dei nostri figli entra il peggio e nella loro mente, dimensioni ed esperienze che hanno significati e risvolti emotivi enormi (la vita e la morte lo sono; la violenza fine a se stessa lo è; il gioco che si trasforma in esperienza per vincere soldi o per subire la morte lo è) si depositano in modo caotico e disorganizzato.
Potendosi anche trasformare in esperienze traumatizzanti, ovvero che il soggetto non riesce a gestire nella propria psiche. E perciò ne rimane disturbato e impattato.
Bambini che guardano “Squid game” e poi ne simulano le azioni nel loro gioco durante l’intervallo scolastico forse stanno semplicemente imitando ciò che hanno visto. O forse ci stanno comunicando che dentro di loro è entrato “qualcosa” che devono buttare fuori, perché non sanno dove metterlo. Il gioco è il loro modo per tentare di farlo.
Ma il gioco non fa miracoli e certe cose possono “tatuarsi” nella loro mente e da lì non uscire più.
Come psicoterapeuta, rimango tuttora colpito da quanti pazienti adulti mi hanno raccontato di non aver mai superato la traumatizzazione conseguente a certi film dell’orrore visti da bambini o adolescenti; primo fra tutti ”L’Esorcista”.
La problematicità sta nel fatto che certi contenuti non vengono “metabolizzati” quando la mente non ha le competenze per riuscire a farlo. E la mente dei bambini e dei preadolescenti non è in grado di metabolizzare i contenuti di una serie come “Squid game”.
Anche se non l’ho vista, per tutto ciò che ho letto di questa serie e per il mestiere che faccio questa cosa la posso affermare con certezza.
“Vietato ai minori di 14 anni” non è un messaggio che reprime la crescita: in casi come questi la protegge, la sostiene e la promuove.
E forse noi adulti dovremmo smetterla di affermare “ a priori” che è “vietato vietare”, la cosa più frequente che mi sono sentito dire in quest’ultimo mese, dopo che è uscito il nostro libro che ha osato mettere questo verbo nel titolo.
Dovremmo fare una lunga riflessione su quanto è tossico l’ambiente in cui stanno crescendo i nostri figli, ma soprattutto su quanto siamo diventati fragili noi adulti nel fare il nostro mestiere di adulti.
Adulti con la A maiuscola non permettono ai bambini di vedere “Squid game”.
E in una società civile si dovrebbe fare di tutto perché ciò non avvenga.
Altrimenti l’unica cosa che succede è che qualche adulto ci pensa su solo dopo aver letto un post come questo su un social network.
Che è appunto un singolo post in mezzo a migliaia di altri post, che nello stesso social network, celebrano ed esaltano questa serie tv.
Leggete e fate leggere questo messaggio ad altri genitori, se lo ritenete opportuno.